sabato 3 novembre 2007

Duvel Tripel Hop!

Durante il mio viaggio birrario di ottobre avevo omesso di scrivere, su richiesta di Bart della Den Hopperd, della nuova birra della Duvel: la Tripel Hop. Bart me ne aveva lasciato un campione "top secret" chiedendomi di aspettare il lancio internazionale per postare un commento.


Ecco qua, con il fondamentale aiuto di Alberto la scheda di degustazione..

"Nuovissima produzione della Moortgat, in serie molto limitata (la prima commercializzazione è stata di sole 22.000 bottiglie) e dal prezzo sopra la media (12 €); una birra trendy, di quella fetta di produzione belga che strizza commercialmente l’occhio all’America (e non solo), che va pazza per le birre estremamente luppolate. Da premettere necessariamente il fatto che la bottiglia in degustazione non era in perfette condizione, un po’ sballottata dal viaggio, e anche la temperatura non era quella giusta. Ma per farsene un’idea generale, è stata sufficiente.
Luppolo, luppolo, luppolo e ancora luppolo: Saaz, Amarillo e Styrian Goldings, adoperato quest’ultimo in dry hopped. Colore biondo paglierino un po’ “slavato”, molto tenue, schiuma bianca enorme, non vaporosa ma cremosa, molto persistente che ne occlude un po’ troppo l’aroma. Superfluo sottolineare che l’aroma è estremamente luppolato, un po’ rustico, quasi “polveroso”, e lascia spazio a pochissimo d’altro (lievito). Il corpo è robusto, non rotondo, ma consistente, vista anche la dosa massiccia di malto inclusa nella ricetta di fabbricazione. Molto alcolica: 9,5° non sono del resto una barzelletta (gli stessi della Urthel Hop it, mezzo grado in più rispetto alla Chouffe Houblon). Assieme all’alcool l’amaricante netto del luppolo, ma un amaricante un po’ troppo “solo”, monocorde, asciutto ma non appagante. Molto meno complessa della Houblon, meno ricca, equilibrata sì ma un po’ troppo “scolastica”, della serie:” volevate una birra amara, eccola!”, senza tanti voli di fantasia. Un buon esercizio di stile; ma all’Orval le fa un baffo, se proprio si vogliono fare paragoni." © Alberto Laschi

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