martedì 20 novembre 2007

I trappisti e le birre - Abbazia Di Notre Dame Di Scourmont - Chimay



Nel 1844, durante un viaggio che lo doveva portare ad un congresso ecclesiastico a Riezes de Chimay, l’abate Jourdain del monastero vallone di Virreles attraversa i selvaggi territori intorno a Scormount, che gli apparvero da subito perfetti per l’insediamento di un nuovo nucleo di monaci cistercensi.

      

E’ il nascere di quello che diventerà il progetto dell’abbazia di Chimay. Negli anni successivi infatti, il principe di Chimay, che era nel frattempo alla “ricerca” di un cappellano o comunque di religiosi per le sue tenute in quella zona, allaccia trattative con l’abate di Westmalle per poter definire l’insediamento di una presenza religiosa stabile nelle sue proprietà. Fu nel 1850, e precisamente il 12 luglio, che venne posta la prima pietra del futuro monastero, da 17 monaci che, provenienti da Westvleteren, iniziarono a costruire il cantiere nelle zone allora paludose e inospitali di Scormount, nel comune di Forges, a nove chilometri da Chimay nelle Ardenne, su terreni donati loro sempre dal principe di Chimay. Da allora comincia un duro lavoro per i monaci, che si ritrovano ad abitare una terra difficile, poco fertile e paludosa per la maggior parte, in una zona dove il freddo si faceva sentire addirittura fino al mese di Luglio, e dove anche d’estate la nebbia non permetteva alla temperatura di superare gli 11 – 12 gradi di temperatura mattutina. Gli sforzi dei monaci si prolungarono per più di 10 anni, fino a che nel 1863 i lavori si conclusero, dopo aver dato vita ad un grande monastero e ad una fattoria attrezzata, lavori che suscitarono da subito l’ammirazione incondizionata delle popolazioni locali. Nel 1871 l’abate venne definitivamente riconosciuto dal papa ed insediato il 14 settembre nell’abbazia che prende da allora il nome di “Nostra signora di Scormount”. Inizia così la storia di questa ormai famosissima abbazia e della comunità monastica in essa residente, che nel pieno rispetto della Regola si muove per poter essere in tutto e per tutto autosufficiente sul piano economico. Da qui la produzione della birra che subito diventa l’attività lavorativa principale. L’abbazia ha vissuto con difficoltà il periodo durante la seconda guerra mondiale, tanto che i monaci hanno dovuto abbandonare per ben 2 volte la propria “casa”, nel 1940 e nel 1942, espulsi entrambe le volte dai tedeschi. Solo nel 1944 i monaci ripresero possesso dei propri possedimenti, devastati però da ruberie e saccheggi. Senza perdersi d’animo i monaci si diedero subito da fare per ripristinare il tutto così com’era prima, e dopo una lunga serie di lavori e sacrifici, resero all’abbazia lo splendore primitivo, splendore che si fa ammirare tutt’oggi.
  


   

Storia della birreria

Contestualmente ai lavori di costruzione dell’abbazia e dei locali adibiti alla vita religiosa e comunitaria dei padri, si procedette fin dal l’inizio dei lavori all’ utilizzo dei materiali di risulta provenienti dai locali prima adibiti a fattoria per costruire il birrificio dell’abbazia. Addirittura si usò la dinamite per scavare i pozzi per l’acqua necessaria alla produzione.
E’ del 1861 il documento ufficiale con il quale l’allora abate Hyacinte Bouteca autorizza la costruzione del birrificio, completata nel 1862; nel 1863 furono finiti di acquistare tutti i macchinari necessari alla produzione, tutti a norma delle leggi allora vigenti nella provincia di Hainaut. Le prime birre furono prodotte da personale laico, lo stesso che aveva montato gli impianti di produzione, sotto la stretta vigilanza di padre Hyacinthe, prendendo a modello le birre allora prodotte in Baviera. Fu lo stesso padre Hyacinthe in seguito a modificare la filosofia di produzione, con la creazione di una serie di birre più forti, la cui ricetta è ancora oggi usata come base per l’attuale produzione. I monaci cominciano a produrre e commercializzare regolarmente le loro birre a partire dal 1864-1865, imbottigliata nelle cucine dell’abbazia e conservata nelle cantine; dal 1875, oltre che in bottiglia, la birra veniva anche conservata, e poi venduta, in barilotti ricoperti di catrame. Il tutto procede “regolarmente” fino agli anni intorno alla prima guerra mondiale: nel 1915 i locali di produzione dell’abbazia di Chimay subiscono la stessa sorte di tanti altri, sia laici che monastici, stabilimenti di produzione; danneggiati dalla guerra, gli impianti furono chiusi e, dopo i necessari lavori di ristrutturazione, riaperti nel 1919. Negli anni che la dividono dalla seconda guerra mondiale la birreria di Chimay lavora a pieno regime, senza però raggiungere una soddisfacente qualità. Anche in questo caso la tempesta della seconda guerra mondiale rappresenta una cesura fra il prima e il dopo. Dopo l’evacuazione forzata del 1942, nel 1948 la fabbrica viene riaperta, secondo nuovi criteri produttivi, che coniugano il rispetto della tradizione monastica con nuove tecniche produttive, “insegnate” ai monaci dal professor De Clerck dell’università di Lovanio (quando morì, nel 1978, venne sepolto nell’abbazia, segno tangibile del forte legame fra il tecnico laico e la comunità monastica). Sono gli anni del boom produttivo e innovativo, anche e soprattutto grazie a Padre Theodore, mastrobirraio del monastero che coltivò e isolò in quegli anni il famoso “lievito di Chimay” e che produsse dal 1954 al 1988 le proprie birre anche il quel bellissimo impianto di produzione da 175 ettolitri che ancora oggi si fa ammirare in mezzo alla rotatoria che immette nella via principale del piccolo paesino di Chimay. E’ nel 1948, a Pasqua, che nasce la birra oggi nota per la sua etichetta blu; negli anni immediatamente successivi nasce la birra dall’etichetta rossa e nel 1966 la bionda dall’etichetta bianca. Nel corso degli anni la produzione si è allargata, tanto che nel 1989 gli ambienti adibiti alla fermentazione sono stati ampliati, in modo da permettere una doppia cotta giornaliera, e fin dal 1978 l’imbottigliamento è stato trasferito in locali più efficienti nella vicina Baileux.
Tutto questo fa delle birre di Chimay le trappiste più famose, apprezzate e conosciute oggi nel mondo, anche se negli ultimi anni la produzione monastica è stata un po’ criticata per l’uso di estratto di malto e amido di mais, ingredienti non del tutto “ortodossi”.

Bières de Chimay SA
Route Charlemagne 8
6464 Baileux
 Tel. 0032 (0)60 21.03.27


© Testo Alberto Laschi © Foto Vanessa Rusci

1 commento:

ghesio ha detto...

Un saluto all'Albertone e in bocca al lupo per stasera
TNT forever ...young
il vostro Ghesio di quartiere