giovedì 31 luglio 2008

Laboratori al Villaggio della Birra 2008


Durante il Festival ci saranno due Laboratori Sensoriali guidati da Kuaska e da Joris Pattyn (dal Belgio) che ci presenteranno, alla presenza dei mastrobirrai una birra per birrificio presente accompagnate da un piatto di salumi e formaggi locali.

Ogni laboratorio ha un costo di 20,oo€. La prenotazione viene registrata previo pagamento della quota di partecipazione. Chiedi informazioni>>>

Prenotazione obbligatoria, posti limitati


Sabato 6 settembre ore 15:30
Achilles Serafijn Gran Cru
Cazeau Saison de Cazeau
Lambrate Ligera
Petrognola 100%Farro
Cantillon Cantillon Gran Cru
Birra di un Homebrewers selezionato da Kuaska


Domenica 7 settembre ore 15:30
Blaugies Darbyste
Boelens Balzello
Den Hopperd Tripel
Montegioco La Mummia (presentazione nazionale)
Olmaia la"5" (*) da confermare
3 Fonteinen Doesjel

Gaverhopke Bruin "12"


Inizia come una Oud Bruin, continua con una robustezza ben mascherata, finisce acidula, con variazioni di tono sul medicinale. Una birra particolare, ben costruita, coerente nella propria filosofia produttiva, che corre il rischio di spiazzare un po’ per l’abbinamento acidulo/alcolico, che però si rivela particolarmente curioso. Non ha il corpo di una 12°, è molto snella, aiutata in questo dall’asprigno che “porta via”la robusta dose di alcool e la morbidezza, non pesantezza, de maltol. E’ al confine fra l’ambrato carico e il marrone tonaca di frate, ha pochissima schiuma di scarsa persistenza e una frizzantezza scarna, e una bevibilità “all’antica”. Alc. 12% vol ©Alberto Laschi
 


sabato 26 luglio 2008

Arend Tripel


Una tripel senza voli pindarici, ma con le “gambe” ben piantate in terra; non ci sono magie particolari, ma ci si trova di fronte ad una birra classica, ben bevibile, costruita sapientemente, senza andare a cercare chissà quali alchimie. Un po’ sullo stile della blond: birre classiche, ma fatte molto bene, che si fanno apprezzare anche e solo per questo. Poco luppolo, un colore giallo oro antico, la schiuma fine fine e di poca persistenza, il corpo rotondo ed estremamente accativante, va giù che è un piacere. La sensazione generale è di una birra morbida, ben maltata, che lascia il plaato morbido e rotondo, con una punta di marognolo nel finale. Di scarsa frizzantezza nasconde bene la sua gradazione, rendendola, per questo, tendenzialemnte “pericolosa”, perché ogni sorso ne chiama subito un altro. Alc. 8% vol ©Alberto Laschi

Hofnar


Ambrata, di gradazione robusta (9°), dal colore leggermente opalescente e dalla schiuma fine e poco persistente. Fin qui il “classcico” pedigree di tutte le birre. Ma molto cambia quando si procede nella “esplorazione”. Ha una naso particolare, inizia con note medicinali, poi abboccate per finire con un chè di speziato, insieme ad un malto gommoso. Il palato è complesso, in questa birra dal corpo robusto e strutturato: insieme al malto caramellato, alla “gomma”, sale propotente la nota affumicata, che rende questa birra rustica e granulosa. Il finale è luppolato, che ci mette un po’ a scancellare (senza però riuscirci pienamente) la sensazione robusto di torba, dovuta all’impiego di malti adatti alla produzione di whisky. Alc. 9% vol ©Alberto Laschi

Gaverhopke Paasbier




Birra robusta di Pasqua, una bionda a tutto tondo, dall’inconfondibilie gusto leggermente asprigno e moderatamente acidognolo che contraddistingue questa come tutte le altre birre di questa brouwerij. Dalla schiuma fine e di scarsissima persistenza, ha aroma leggermente luppolato e mediamente fruttato, non invadente am neanche troppo fuggevole. Il corpo è rotondo, o meglio, così si rivela dopo l’iniziale corsa asprigna; poi si allarga, ma non più di tanto, e allora tornano fuori un po’ di luppoli e sentori erbacei.Finisce lasciando ben netta in bocca la sensazione dell’asprigno, quasi citrico, che si piazza nel bel mezzo della lingua per un bel po’ di tempo. Alc.8% vol ©Alberto Laschi

mercoledì 23 luglio 2008

Lambic&Trappist Corner al Villaggio della Birra


Uno stand del Villaggio sarà dedicato a due prodotti "protetti" del panorama brassicolo belga. Lambic e suoi derivati e birre Trappiste in degustazione presentate da Andrea Ardemagni (Harvey) con incursioni di Kuaska e Joris Pattyn!

Ecco la lista "quasi definitiva" di cosa sarà disponibile:

Cantillon Grand Cru in bottiglia; Girardin Lambic, Lambic Kriek, Black Label, Kriek Bag Box & Bottiglia; 3 Fonteinen Vintage, Doesjel, Kriek in bottiglia; Oud Beersel Geuze, Kriek in bottiglia; Boon Geuze Mariage in bottiglia ;Hanssens Oudbeitje in bottiglia; De Cam Oude Kriek in bottiglia; Lindemans Cuvee Renee Kriek in bottiglia. Westmalle Tripel alla spina.

Gaverhopke Bruin "8"


Ha il marchio di fabbrica della Gaverhopke, questa Dubbel in stile abbazia: un leggero acidognolo iniziale, che poi lascia il posto ad una corsa più regolare. Bella birra, quadrata, solida e ben costruita con tutte le sue “cosine” al proprio posto: bel colore tonaca di frate, schiuma di media consistenza e di buona permanenza, un naso ricco di note tostate e leggermente speziate. Dopo la netta, ma fugace, sensazione di acidità iniziale, come dicevo prima, il palato poi si apre alle note classiche di questa dubbel, che si fa apprezzare per la generale sensazione di completezza, con un malto ben distribuito lungo tutta la corsa gustativa, che finisce asciutta e ben equilibrata. Secco e asciutto il finale. Alc. 8% vol ©Alberto Laschi

Bosprotter


Si ritorna un po’ sui binari della classicità: una Tripel ben costruita, dal bel carattere, qualche alzatina d’ingegno anche qui, ma niente in paragone ad altre produzioni birrarie di questa micro brouwerij. Un bel colore dorato, leggermente polveroso e una bella testa cremosa di schiuma, e fin qui ci siamo. L’odore è intrigante, un mix di luppolo – lievito – spezie, con un finale leggermente acidulo e un’idea di citricità. Il corpo è pieno, ben fatto, si arrotola bene alla lingua, leggermente stuzzicata da una carbonazione ben costruita. Un bel luppolo la caratterizza, non eccessivamente amaro, dandole la giusta dose di astringenza; il malto la renda piena e gradevole, morbida sul finale. Lascia una sensazione finale di buona completezza. Alc. 8,5% vol ©Alberto Laschi

Blondelle


Certo, che di fantasia ce ne mettono i produttori belgi. Birra particolare, che “gira” più di una volta sulla ruota gustativa, inizia in un modo, finisce quasi dalla parte opposta. Intanto il colore: dorato – grigio, e sono pochissime le birre che ho visto dotate di questa particolarissima scalatura di colore, molto opalescente fra l’altro. La schiuma: fine, abbastanza permanente, lascia i merletti sul bicchiere. E veniamo allo show: aroma medicinale, all’inizio, poi un tanto di miele, un tanto di frumento, qualche spezia in ordine sparso, un malto “grasso”, una sensazione generalmente “gommosa”. Il palato: la birra parte mediamente bevibile, poca carbonazione, una sensazione iniziale di acquosità”, e poi parte la giostra: arriva l’alcool, con una botta di calore, un amaro nettamente medicinale, infine il luppolo in fondo e ai lati della lingua, ma mischiato ancora al medicinale. Finisce un po’ troppo “appiccicosa”, si fa ricordare per molto tempo dal palato e dalla lingua. Utilissima per ripassare tutta la tecnica e la prassi della degustazione: per esperti dalla mente aperta. Alc. 7% vol ©Alberto Laschi

domenica 20 luglio 2008

Zinnebir

Innanzitutto il nome, “zinnebir”: deriva ‘zinneke’, termine che appartiene allo slang che viene parlato nelle periferie più “meticciate” di Bruxelles, lungo il fiume Zinne, ed indica quella particolare razza di cani meticci e randagi che si aggirano in quelle strade.Si potrebbe tradurre con un “po’ bastardo” e fuori di metafora, questo termine viene usato oggi per indicare quei giovani cha hanno madre di lingua fiamminga e padri di lingua francese (o viceversa). Il mastro birraioBernard LEBoecq si “autodefinisce” così.La birra: in pratica l’evoluzione della Taras Boulba, 1,5° gradi in più, un po’ più di corpo, un amaricante più pronunciato, un carattere più deciso. Anche qui luppolo profuso a piene mani, per una birra nel complesso fresca e abbastanza beverina, con un retrogusto secco e asciutto molto molto deciso. Buona la frizzantezza, colore biondo un po’ meno tenue della Taras, schiuma lo stesso bianca e molto fragrante, dalla breve vita. Per chi ama gusti luppolati, anche se non estremi. Alc.6% vol. ©Alberto Laschi

martedì 15 luglio 2008

Workshop di fotografia sulla Birra Artigianale

A chiunque fosse interessato vi segnialiamo un Workshop fotografico che ha organizzato l'Associazione Biancane di Asciano (SI). Il comunicato stampa:
____________________________________________________________________

“Creatività e gusto” Birra artigianale: nuove strade del gusto
Data: 24 luglio e 25 luglio 2008 Ore 9:30
Durata: 2 giorni
Info Contatto: MediAsciano – Via Fiume, 8 Asciano (Siena)
Tel: 0577.717233 – Cel. 349.7504247 biancane@inwind.it mediateca@in-asciano.

Due giornate per chi ama la fotografia e la creatività, alla ricerca di immagini che raccontino un luogo, un gusto, e che possano servire per creare una immagine pubblicitaria. Il workshop si prefigge di far realizzare una mostra e una campagna immagine per una azienda. Aperto a tutti i fotografi principianti e non, si forniranno le nozioni basi della comunicazione visiva e del reportage. Evento all’interno del Villaggio della Birra 2008, con presentazione dei lavori realizzati durante il workshop.


Il progetto
La birra artigianale in Italia: nuove strade del gusto;
Cultura del bere e riscoperta di vecchie tradizioni.
Una giornata al Birrificio L’Olmaia: Moreno l’alchimista birraio della Val d’Orcia
Come si produce una buona birra artigianale.
Location
1) Il Workshop verrà tenuto presso la Mediateca di Asciano (SI), con escursioni esterne nel paese e al Birrificio l’Olmaia in Val d’Orcia
Didattica
Programma del workshop:
Fase 1 - Teoria
- Introduzione alla fotografia: reportage e creatività
- Progetto: Comunicare attraverso il reportage, stimolare la creatività.- Realizzazione immagini: il reportage e le immagini costruite
Fase 2 - Pratica
- Relazionarsi con il luogo ed i soggetti - Realizzare il reportage- Selezione immagini
Fase 3 – La mostra
- Progettare una mostra
Docente
Il Workshop sarà condotto da Vanessa Rusci (www.myspace.com/varu07) , fotografo professionista che lavora da oltre dieci anni nel campo della fotografia commerciale e artistica, vantando importanti collaborazioni artistiche, commerciali, legata al mondo della comunicazione sociale.
Specializzata nel settore della Birra Artigianale Belga da 6 anni realizza reportage nelle Brasserie Belga.
La partecipazione al workshop ha un costo di € 100 per l'intero corso. Non sono comprese spese vitto e alloggio, ne spese per materiali e stampe fotografiche.

Numero massimo partecipanti 15. RICHIEDI SCHEDA DI ADESIONE a biancane@inwind.it; mediateca@in-asciano.com

domenica 13 luglio 2008

Dulle Teve al Villaggio!

Abbiamo appena ricevuto la conferma da Kris della De Dolle di metterci a disposizione (= venderci) qualche fusto della Dulle Teve..sarà nella lista delle spine che "presenterà" il TNT durante il Festival..e vai!

Grobbendonkse Tripel 2007


Birra “celebrativa”, prodotta dalla Kerkom per festeggiare i 40 anni di attività dell’importante negozio belga di birre, il Bierhandel Willems di Grobbendonk.Una solida triple, messa bene, robusta e allo stesso tempo beverina, tranquilla ma anche con carattere, un bel mix messo su apposta per soddisfare i palati esigenti. Ha un bel coloro dorato, virante sull’arancio, limpido e ben mosso, schiuma fine e cremosa, relativamente persistente. Il naso è molto fresco, ed è forse la parte meglio riuscita della birra: fresco e stuzzicante, leggermente speziato (forse di coriandolo), con cereali fragranti in evidenza e un finale solido di malto. Veramente ben fatto. Il corpo è rotondo, aiutato e spinto da una carbonazione equilibrata e non invadente. Di buonissima bevibilità, ha un inizio morbido di malto e leggermente citrico, per poi finire sull’amarezza diffusa, non quella di luppolo (o meglio, non solo quella di luppol) ma più sul versante miele – alcool. Il finale sembra fatto apposta per “ricominciare”: asciutta, pulita, dissetante. Non una birra “singolare”, ma sicuramente una signora triple. Alc. 8% vol. ©Alberto Laschi

IV Saison


Per ora l’unica birra prodotta dalla piccolissima Brasserie Jandrain-Jandrenouille , ma se tanto mi da tanto. E’ una bella saison, fresca ed estiva, limpida e con pochi fronzoli. Non filtrata e non pastorizzata, rifermentata in bottiglia, ha un bel colore giallo paglierino, e una schiuma fine ed abbondante, di buona persistenza. Non c’è trucco e non c’è inganno, dicono loro, nel produrre questa birra: solo malto, luppolo, lievito e acqua, nessuna spezia, nessuna aggiunta di zucchero e nessun additivo chimico. E’ una classica saison, meno luppolata delle altre, e meno “erbacea” delle Dupont (ad esempio), ma allo stesso modo asciutta e rinfrescante. Un po’ “leggera” di naso, nel quale luppolo e lievito fanno bella mostra di sé, ha corpo snello e molto beverino, con una leggera “acquosità”. Inizia rinfrescando il palato, e dopo l’attacco deciso della carbonazione, viene avanti evidente il luppolo presente, che riempie il palato e condiziona piacevolmente il finale, decisamente amarognolo. L’etichettqa di questa birra è disegnata da Francois Schuiten, famoso disegnatore belga di comics; tanto bravo e famoso da essere insignito nel 2002 del titolo di barone dallo stesso re del Belgio, Alberto II. Alc. 6,5% vol ©Alberto Laschi

sabato 12 luglio 2008

Promemoria: Slow Beer - Prato. 19/20 Luglio


Ricordiamo l'evento che ha organizzato Slow Food di Prato presso il Parco delle Cascine di Tavola il 19 e 20 Luglio. Inizio alle ore 17, possibilità di merende e cene a tema (prenotazione obbligatoria). Durante la manifestazione si svolgerà "Rock Contest"..musica dal vivo con gruppi emergenti.


Per quanto riguarda la birra ci saranno: il Birrificio Olmaia, La Petrognola, il Mosto Dolce, Birrificio Bruton e noi... alla spina avremo: Bink Blond, Bruin, Bloesem Ka(ta)rakter (della Kerkom) - Pannepot (della Struise) e Tournay Blond e Saison de Cazeau.


Vi Aspettiamo


Per informazioni e prenotazioni

SlowFood PratoV. Alessandria, 7/a, 59100 - Prato

Tel. 0574 443105

Fax. 0574 38696


Lambic con altri tipi di frutta

© Kuaska (Lorenzo Dabove)
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com
Alle più tradizionali kriek e (in un secondo tempo) framboise, si sono successivamente aggiunte numerosissime variazioni sul tema: dalle raffinate “druiven lambic” con aggiunta di acini di uva alla prorompente, sciagurata (ma molto renumerativa) moda attuale di addolcire in modo snaturante l’acidità del lambic con zucchero e ogni sorta di succhi e sciroppi di frutta come cassis, albicocche, fragole, banane, prugne, ananas, limone e chissà cos’altro ci aspetta. Vorrei stendere infine un velo pietoso sul lambic al the, definito da uno dei pagatissimi “guru” della birra, in un suo libro, “novità rinfrescante” (!). Spesso produttori che per vil denaro (altri dicono per “sopravvivenza”), sfornano queste invereconde bibite, producono anche una piccola percentuale della “real thing” e questo crea confusione tra i consumatori meno smaliziati. Ma di questo parlerò subito, durante la rapida carrellata dedicata ai produttori di lambic ancora esistenti.

Il Faro

© Kuaska (Lorenzo Dabove)
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com

Il faro (pronuncia farò), vera e propria bevanda delle classi meno abbienti di Bruxelles e dintorni, era così popolare nel diciannovesimo secolo che una sciagurata decisone dei governanti di allora di aumentare (siamo nel 1842) il prezzo del Faro di un solo centesimo, provocò una vera e propria insurrezione (paragonabile a quella del pane , nel seicento, di manzoniana memoria) che portò gli incauti autori del crimine a riportare al più presto l’irrinunciabile bevanda al vecchio prezzo con conseguenti grandiosi festeggiamenti e processione per le strade di Bruxelles con bisboccia e sbornia finale (a base di Faro ovviamente) al caffè “Au Duc Jean”! Il Faro (il cui nome sembra derivi dall’omonima città portoghese anche se alcuni storici lo fanno risalire alla parola latina “farina”) veniva prodotto dalle birrerie o dai singoli gestori dei caffè (cabaretiers) aggiungendo al lambic zucchero candito bruno o melassa. Tagliato con una birra leggera (a volte prodotta dalla seconda utilizzazione delle trebbie) e spesso allungato con acqua dava vita alla Mars, una bevanda popolarissima all’epoca, ancor più a buon mercato, che da molti decenni è ormai scomparsa.

La Framboise

© Kuaska (Lorenzo Dabove)
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com


Dall'aggiunta di lamponi freschi al lambic in quantità variabile a seconda del produttore tra 20 e 35 kg per cento litri, si ottiene la framboise tradizionale,il cui processo produttivo è lo stesso della kriek ma tenendo ovviamente conto della diversa consistenza tra i due frutti. I lamponi infatti si decompongono nel corso della fermentazione e i piccoli semi possono creare qualche piccolo problema al momento della filtrazione. Talvolta, per rendere più intenso il caratteristico colore rosé, viene aggiunta una piccola percentuale di kriek al momento dell'imbottigliamento. La framboise prodotta con metodi tradizionali, dall’aspetto elegante e dall’aroma delicato, si presenta in bocca ben più “dry”, tagliente ed astringente con decise punte di acidulo che la rendono perfetta come aperitivo per un pranzo raffinato.

La Kriek

© Kuaska (Lorenzo Dabove) ©Foto Vanessa Rusci
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com

La kriek tradizionale nasce dall'aggiunta di ciliegie acidule (prunus cerasus acida) intere al lambic. Tradizionalmente vengono utilizzate griotte (per essere più precisi) che appartengono alla varietà di Schaerbeek, a nord-est di Bruxelles, hanno frutto piccolo, nocciolo relativamente grande, gusto acidulo e polpa dal bellissimo color rosso intenso. Ai giorni nostri sono però limitatamente coltivate nella zona di Gorsem, Tienen e Sint Truinden rendendo necessario il ricorso a importazioni dai paesi dell’est (Polonia e Macedonia) le cui varietà di ciliegie però hanno frutto più grosso e meno acidulo di quelle di Schaerbeek. Il metodo tradizionale prevede l'utilizzo di ciliegie intere in quantità pari a circa 20-30 kg ogni 100 litri di lambic, che vengono poste in botti riempite poi con lambic invecchiato dai 12 ai18 mesi . Gli zuccheri apportati dalla frutta fanno partire una seconda fermentazione che si rivela molto tumultuosa con produzione di abbondante schiuma. Dopo circa 5-6 mesi di macerazione, durante la quale avviene tra l’altro l’estrazione dei tannini (da buccia e nocciolo) e formazione di benzaldeide, responsabile della spiccata nota di mandorla avvertibile in alcune kriek, si procede all'imbottigliamento come per la gueuze, cioè miscelando alla kriek una quantità di lambic giovane per la rifermentazione in bottiglia.
La leggenda, incrociata con la Storia, dice che la kriek fu inventata da un soldato originario di Schaerbeek, gran bevitore di birra, che ai tempi delle Crociate si recò in Terrasanta a combattere gli infedeli per liberare il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Qui scoprì e apprezzò il vino rosso come il sangue di Cristo e al ritorno, in preda alla nostalgia, decise di lasciar macerare e fermentare nella birra (sua bevanda abituale) le ciliegie del suo giardino creando così la prima kriek della storia. Leggende a parte, una kriek autentica, dall’irresistibile color rosso vivo, profumata e acidula, può rappresentare un aperitivo raffinato o, in mano ad un bravo chef, un ingrediente decisivo per piatti tradizionali come la celebre e squisita “faraona alla kriek” senza dimenticare i desserts come il voluttuoso “zabaione tiepido alla kriek”. Una curiosità per finire: per attenuare la decisa punta di acidità un tempo si usava aggiungere nel bicchiere una zolletta di zucchero che veniva poi frantumata per mezzo di un antico strumento, simile ad un pestello di metallo, chiamato “stoemper”.

La Gueuze

© Kuaska (Lorenzo Dabove).
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com

Detta “lo champagne del Belgio” la spumeggiante gueuze (geuze in fiammingo) nasce dall’assemblaggio di due o più lambic di età diversa effettuato per lo più dagli stessi produttori ma in alcuni casi quest’arte viene praticata da puri assemblatori che acquistano il lambic dai produttori che preferiscono. La gueuze prende il nome probabilmente dal termine “gueux” (pezzente) perché nella regione era la bevanda dei poveri mentre il vino trovava posto solo sulle tavole dei potenti. Le caratteristiche aromatico-palatali sono vicine a quelle del lambic sopra descritte ma la fermentazione supplementare, oltre alla frizzantezza, conferisce alla gueuze una complessità e una finezza molto più marcate. L’assemblatore di lambic (che non deve essere sempre necessariamente lo stesso produttore) deve assolutamente avere una sensibilità olfattivo-gustativa molto sviluppata (spesso innata o ereditata) verso questa bevanda per riuscire a trovare la “propria” gueuze, quella e solo quella che lo possa soddisfare ed identificare. Una sensibilità e una unicità che paragonerei a quella di un musicista che ricerca il proprio “suono” nella pratica di uno strumento. Un detto locale sentenzia “une vrai gueuze doit puer” (una vera gueuze deve puzzare”) e questa “puzza” deve essere padroneggiata dall’artista-assemblatore che vuole dare un’impronta originale alla sua creatura. Tradizionalmente la gueuze tradizionale, di gradazione intorno al 5-6% vol. alc., si ottiene dalla rifermentazione in bottiglia di una miscela di lambic giovani, che apportano carboidrati fermentescibili mentre i lambic invecchiati contengono le destrinasi, prodotte dai vari microrganismi, necessarie all'idrolisi delle destrine. L’assemblaggio, come dicevo prima, è una vera e propria arte: il birraio sceglie i componenti della miscela tenendo conto delle loro caratteristiche di gusto ed acidità al fine di ottenere un prodotto che, dopo la rifermentazione e la maturazione, abbia le caratteristiche tanto desiderate. Lo scopo di quest’appassionante miscelazione è quello di ricostituire la frazione destrinica da parte del lambic giovane in modo da permettere la rifermentazione in bottiglia con produzione di CO2. Ovviamente le proporzioni di lambic giovani e vecchi sono variano da un birraio all’altro. Sempre che non stiano mentendo (cosa comune nei birrai di tutto il mondo ma molto accentuata in quelli belgi, gelosi di cotanta tradizione), alcuni birrai indicativamente utilizzano il 50% di lambic di un anno, e un quarto di due anni e un quarto di tre anni mentre altri preferiscono mettere due terzi di lambic di un anno e un terzo di lambic invecchiato due o tre anni e altri più di nove decimi di lambic di due anni e solo un decimo di lambic che ha fermentato solo per qualche settimana. Dopo la miscelazione si passa l'imbottigliamento cui segue la rifermentazione che dura circa 4-6 mesi con un metodo quindi simile a quello usato per lo spumante italiano metodo classico. Le bottiglie coricate nelle buie cantine riposano indisturbate finchè si deciderà di portarle al tavolo, sempre nella stessa posizione orizzontale, maneggiandole delicatamente prestando la massima cura per non agitare i lieviti depositatisi. Quanti bambini belgi hanno preso uno scappellotto dai loro padri per non aver rispettato questa primaria fondamentale regola! Scappellotti che andrebbero ancora oggi dati a quei (numerosi) gestori di caffè che non istruiscono debitamente il loro staff.
Foto 1-2 © Steven Vermeylen
Foto 3 © Vanessa Rusci

Il lambic puro

© di Kuaska (Lorenzo Dabove) .
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005 a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni www.beverfood.com


Il lambic (lambik o lambiek in fiammingo) che esce dalla botte si presenta piatto, molto secco, di gradazione intorno al 5% vol. alc. e con aromi e sapori dalle sfumature uniche e introvabili, nel loro insieme, in qualsiasi altra bevanda del pianeta. Aromi e sapori inusuali che possono a volte ricordare il metallo, il formaggio ammuffito, il limone, l’aceto, il sudore, le carte da gioco vecchie, il sangue, la carne in scatola, gli stracci bagnati e così via! Aromi e sapori che, lo ammetto, possono risultare ardui e di difficile fruizione per il bevitore senza esperienza ma che, dopo un po’ di “allenamento” e di “dedizione” possono a volte attaccare una malattia che per me è stata irreversibile e che mi ha fatto intraprendere, grazie a Dio, un esaltante cammino, ormai senza ritorno. Il lambic piatto, una volta vera e propria “bevanda del popolo” oggi giorno viene quasi tutto assemblato per produrre la gueuze (poi vi spiego) ed è sempre più difficile da trovare. Si contano ormai al massimo sulle dita di due mani, i piccoli, romantici caffè (che definire “basici” non rende del tutto l’idea) nei quali poter vivere l’eccitante esperienza di assistere ad un semplice ma antico gesto: lambic di pochi mesi spillato in una brocca di ceramica direttamente da una vecchia botticella e poi finalmente nel nostro trepidante bicchiere.

venerdì 11 luglio 2008

Lambic, l’anello mancante tra la birra e il vino

Pubblichiamo con piacere l'articolo © di Kuaska (Lorenzo Dabove) sul Lambic.
da Birre Italia Annuario 2004 - 2005
a cura di Pasquale MuracaBeverfood Edizioni
www.beverfood.com

© Foto di Vanessa Rusci

Introduzione

Se osserviamo con attenzione “le nozze di contadini” dipinto dal grande Bruegel intorno al 1568, in basso a destra si può notare un giovanotto dall’aria soddisfatta, forse il novello sposo, che riempie subito le brocche rimaste vuote raccolte in una grande cesta . Le riempie, certo, ma di che cosa? Autorevoli studiosi ci assicurano che si tratta di lambic, bevanda molto popolare all’epoca, spontaneamente fermentata grazie all’azione dei lieviti selvaggi e dei batteri presenti nell’aria di quella miracolosa ristretta area solcata dal fiume Zenne, detta Pajottenland, ancora oggi così rurale e fatata nonostante abbia a ridosso le incombenti ciminiere della capitale d’Europa. Nel Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli è conservato il celeberrimo dipinto “La parabola dei ciechi” nel quale è ritratta la chiesa di Sint Anna Pede nelle cui vicinanza si trovano ancor oggi deliziosi caffè dove poter degustare un buon bicchiere di gueuze. In molti altri dipinti di Bruegel ritroviamo chiese, ponti e mulini che ancora oggi possiamo ammirare nel Pajottenland.
L’origine del nome lambic è alquanto misteriosa ma la versione più accreditata la fa risalire al villaggio di Lembeek, una ventina di km a sud-ovest di Bruxelles. Ma cos’è il lambic ? Birra? Non proprio, io concordo col produttore Frank Boon che l’ha genialmente definito “l’anello mancante tra la birra e il vino”.

Come si produce il lambic ?
La miscela di grani utilizzati per produrre il mosto deve per legge contenere almeno il 30% di frumento rigorosamente non maltato, il resto è rappresentato nella stragrande maggioranza dei casi da malto d’orzo mentre è meno comune l’utilizzo di mais, riso e segale. Il malto d'orzo impiegato nella produzione del lambic è di colore chiaro tipo pilsener ad alto potere enzimatico per bilanciare l’utilizzo del frumento non maltato del tipo tenero (triticum aestivum) che, rispetto al malto d’orzo, è più ricco di amidi e proteine ma meno di fibre e lipidi. La macinazione dei grani avviene tramite mulini che permettono di regolare la distanza ta i rulli in funzione dell’utilizzo prima del frumento (1 mm.) perché essendo senza cariosside ha le pareti cellulari integre e quindi è più duro e va macinato più fine) e poi del malto d’orzo (1,5 mm) in quanto avendo le pareti cellulari già degradate per la maltazione è più friabile ed inoltre va solo delicatamente compresso per mantenere intatte le scorze (utili per la fase di filtrazione). L’ammostamento, che si effettua nel tino di miscela che riceve i grani macinati dalla tramoggia deve permettere al birraio di ottenere un mosto (ricco di amido non idrolizzato, destrine e amminoacidi) che possa risultare ideale allo sviluppo dei diversi e complessi microrganismi protagonisti della lunga e misteriosa fermentazione. Al termine dell'ammostamento, comincia l'estrazione attraverso il letto filtrante ed il primo mosto è ricircolato per la chiarificazione. Il risciacquo delle trebbie è effettuato con acqua alla temperatura di 85-95°C, molto più elevata di quella usata per le altre birre, cioè 74-76°C. che favorisce l'ulteriore solubilizzazione dell'amido e delle destrine rimaste nelle trebbie e comporta una estrazione di tannini (dalle scorze del malto) che precipiteranno in gran parte durante la lunga fermentazione. Per la fase di bollitura viene utilizzato in grande quantità (circa sei volte quello usato normalmente), del luppolo invecchiato oltre tre anni detto “suranné”, dal caratteristico odore di “formaggio maturo”, che perdendo in pratica il potere amaricante, apporta quasi esclusivamente le proprietà antisettiche e antiossidanti. Tale fase di bollitura è piuttosto lunga, da circa 3 ore ½ a 6 e porta ad una riduzione del volume iniziale del 25-30%. Può quindi iniziare la fondamentale fase di raffreddamento, durante la quale avviene l’inoculazione spontanea da parte dei microrganismi che popolano gli ambienti della birreria. Il mosto viene pompato nella vasca di raffreddamento posta nelle birrerie più tradizionali nella parte più alta, il sottotetto, dove opportune fessure favoriscono il passaggio della “miracolosa” aria ricca dei “magici” lieviti selvaggi e batteri. Tale vasca, lunga più di 7 m. e larga più di 5 m. e profonda solamente intorno ai 30 cm, serve a creare una superficie di contatto con l'aria più ampia possibile dato che il mosto vi trascorre l’intera notte, prima di essere pompato l'indomani, quando ha raggiunto una temperatura di 18-20°, in un’ulteriore vasca per ottenere un liquido più omogeneo e per convogliare i microrganismi in tutto il volume.

Finalmente il mosto è pronto per riempire le botti di legno usate provenienti dalle regioni di Porto, Sherry, Madeira e Cognac. Allineate nelle buie e polverose cantine, tra intoccabili ragnatele e gatti furtivi , queste botti in legno di rovere o castagno sono davvero suggestive e impressionanti. La più piccole dette tonneaux in francese o tonnen in fiammingo contengono circa 250 litri, le medie pipes o pijpen circa 650 litri mentre le monumentali foudres o foeders possono contenere oltre 3000 litri ! Essendo state impiegate per molti anni nell'invecchiamento di vini o distillati, hanno ceduto ad essi gran parte delle sostanze estraibili e quindi possono ospitare la fermentazione del lambic senza interferire in modo marcato sul gusto e sul colore ma avendo ognuna la propria “storia” possono conferire sfumature diverse ma sempre molto interessanti. .La permanenza del lambic nellel botti per lungo tempo, anche 3 anni, fa in modo che si presentino composti polifenolici (tannini) che concorrono al colore ambrato nonché ad una sensibile astringenza ed a note di vaniglia create dalla vanillina originata dalla degradazione della lignina. Non dimentichiamo che Il legno, grazie alla sua struttura porosa, è colonizzato a fondo da lieviti e batteri. Dobbiamo pensare ad ogni contenitore di fermentazione come ad un micro-ambiente unico in cui la popolazione di lieviti e batteri presenta equilibri diversi rispetto a tutte le altre botti. Avremo quindi un’ assoluta unicità del prodotto finale: infatti ben difficilmente il lambic di due botti, anche vicine, sarà identico, pur partendo dallo stesso mosto. Ma torniamo proprio al nostro mosto che avevamo lasciato intorno ai 15-20°C pronto per il riempimento delle botti. La fermentazione principale è accompagnata dalla produzione abbondante di schiuma bianca che trabocca dall'apertura del fusto cui non viene inserito il tappo; in pochi giorni la schiuma diventa di colore scuro e si indurisce formando un tappo naturale che protegge il mosto da ossidazione ed infezioni. Dopo qualche settimana l'apertura viene finalmente chiusa con l'apposito tappo. Durante la fermentazione e la maturazione si ha perdita di acqua ed etanolo e si ha quindi una diminuzione del volume ed un aumento dello spazio nella parte superiore della botte, a rischio quindi di ossidazione ed di possibile sviluppo di batteri acetici. Il birraio per far fronte a questi pericoli deve effettuare il rabbocco con lambic della stessa cotta prelevato da un’altra botte. Tradizionalmente il lambic si produce da ottobre a maggio per evitare le alte temperature estive che ostacolerebbero il raffreddamento e favorirebbero le infezioni.
Per motivi di spazio ed anche per volere dare un taglio che privilegi l’aspetto divulgativo, non mi soffermerò sulle complicate e lunghe fasi delle fermentazione spontanea del lambic, rimandandovi alla nutrita bibliografia che indico in calce all’articolo. Non prima però di avervi incuriosito e stimolato ad approfondire questa affascinante trasformazione . Per me, innamorato (corrisposto) di questa straordinaria bevanda, i difficilissimi nomi dei lieviti selvaggi e dei batteri protagonisti delle 5 fasi (le prime 4 in botte e la quinta in bottiglia) della più antica delle fermentazioni, riescono ad emozionarmi ogni volta che li elenco.
Nella prima fase detta “delle enterobacteriaceae”, crescono colonie di enterobatteri come Enterobacter cloacae, Klebsiella aerogenes , Escherichia coli, Hafnia alvei, Enterobacter aerogenes e Citrobacter freundii nonché lieviti non fermentanti il maltosio come Kloeckera apiculata, Saccharomyces globosus e dairensis. Nella seconda fase imperano i “saccharomyces”: cerevisiae, bayanus, uvarum e inusitatus. Nella terza fase detta “dell’acidificazione” aumentano i batteri lattici come il pediococcus e nelle botti più grandi anche i lactobacillus mentre tra i lieviti i saccharomyces lasciano il campo ai brettanomyces: soprattutto bruxellensis e lambicus e poi custersii, anomalus e intermedius. Nella quarta fase detta “della maturazione”diminuiscono i batteri lattici e molto dopo anche i lieviti brettanomyces si riducono. Continua l'attenuazione del mosto. Nel corso delle ultime tre fasi sono sempre presenti batteri acetici che, specialmente nei mesi più caldi, possono essere molto numerosi. Nella quinta fase detta “della rifermentazione in bottiglia” sono presenti al momento dell'imbottigliamento molti lieviti selvaggi: Candida, Torulopsis, Hansenula, Pichia e Criptococcus. Questi lieviti che probabilmente derivano dallo spesso film che si sviluppa nei barili durante la lunga fermentazione, non si moltiplicano e scompaiono dopo una decina di mesi. Invece i lieviti Brettanomyces e i batteri lattici aumentano in modo esponenziale ma dopo 14 mesi in bottiglia, sono i batteri lattici ad essere prevalentemente riscontrabili.



Lorenzo Dabove: Di origine ligure, nato nel 1952, vive e lavora a Milano e a Genova. Da molti considerato il massimo esperto italiano di birra artigianale è noto in campo internazionale per il suo impegno nel promuovere il lambic tradizionale e la birra artigianale del nostro paese. Life Member del CAMRA (Campaign for Real Ale) e di BSF (Bières Sans Frontières), conduce tutored tastings Great British Beer Festival. Docente dei “Master of Food” di Slow Food, conduce regolarmente corsi e degustazioni in Italia e all’estero e presiede la giuria nelle competizioni nazionali di birrai professionisti ed homebrewers.


venerdì 4 luglio 2008

Villaggio della Birra 2008...si parte!

Oggi siamo a segnalare!

E' online, aggiornato, il sito del Villaggio della Birra 2008

Abbiamo ancora tanto da definire ma, tra le cose certe:

-Il Villaggio della Birra si svolgerà a Bibbiano, nel Comune di Buonconvento (SI) nello spazio interno ed esterno del TNT PUB nei giorni del 6 e 7 Settembre 2008. Qui le info per arrivarci e per eventuali sistemazioni nelle strutture ricettive. Qui il programma ancora, in parte, provvisorio..

- le birrerie : Blaugies, Boelens, Den Hopperd, Achilles e Cazeau per il Belgio. Olmaia, Lambrate, Montegioco e Petrognola per l'Italia. In più organizzeremo uno stand con prodotti dal Payottland e prodotti Trappisti. Sarà attivo un beershop per chi è interessato ad acquistare i prodotti dei birrifici presenti. Qui una lista provvisoria delle birre che i mastrobirrai proporranno..

- le degustazioni: saranno due (una al sabato ed una la domenica), guidate da Kuaska e Joris Pattyn..ancora Lorenzo deve scegliere le birre da portare in degustazione. Appena pronti aggiorneremo il sito e anche il blog..

- il dibattito: sempre Kuaska, il sabato alle 18 "guiderà" una tavola rotonda pubblica sullo stato di salute delle birre belghe..tanto amate nel nostro paese

- Brassin Pubblic: la domenica, dalle 11, i ragazzi di Ars Birraria faranno una Cotta Pubblica in Piazza

- Musica dal Vivo: le due sere del Festival ci sarà Musica dal Vivo

- Stiamo mettendo a punto due menù da proporre al ristorante del TNT. Il primo (di sabato) avrà come tema la Cucina Belga. La Domenica il tema sarà Cucinare con la Birra. I posti sono limitati e la prenotazione obbligatoria..anche qui, appena pronti, aggiorneremo il sito ed anche il Blog

- Street Food al Villaggio: ci sarà la possibilità di mangiare cibo di qualità anche grazie alla presenza di banchi gastronomici da noi selezionati

- Stiamo aspettando la conferma da Stef Herckens (l'autore del manifesto) per una sua esposizione durante il Villaggio..Vanessa Rusci presenterà un 'installazione interattiva artistica sul Bere Consapevole

- Novità: servizio navetta "da e per" Buonconvento..

Per adesso..salutiamo

Evento birrario a Prato: Slow Beer 19-20 luglio 2008



Segnaliamo un evento organizzato da Slow Food Prato nel quale parteciperemo anche noi con birre belghe alla spina..tra qualche giorno vi informeremo sulle birre che proporremo..per scaramanzia aspettiamo la conferma del nostro corriere che le birre dal Belgio sono partite..


Comunicato stampa

“Slow beer” birre d’autore, prodotti tipici e cucine del territorio 19-20 luglio Parco delle Cascine di Tavola

Nei giorni 19-20 luglio 08 dalle ore 17.00 Slow Food Prato organizza presso il Parco delle Cascine di Tavola una manifestazione sulle birre artigianali .
Sara possibile assaggiare e degustare una selezione di birre artigianali con la presenza dei produttori. I birrifici presenti saranno: il Birrificio Bruton, di S. Cassiano di Moriano (LU), le birre prodotte in questo brewpub sono tutte non filtrate e non pastorizzate, con lieviti ad alta fermentazione, il Birrificio L’Olmaia, immerso nel Parco Naturale della Val d'Orcia. Produce b
irre ad alta fermentazione, rifermentate in bottiglia, non pastorizzata, non filtrata, senza conservanti.
Birrificio La Petrognola Produce 3 birre, tutte ad alta fermentazione, non filtrate e non pastorizzate , usando il più possibile prodotti autoctoni, in primis il farro della Garfagnana che si ritrova in tutte le tre birre prodotte, il Birrificio Mostodolce di (PO). Sarà inoltre presente Birrerya di Buonconvento (SI). che porterà una selezione di birre artigianali belghe di piccoli produttori.
Ma che cosa è una birra artigianale? Non è un caso se nella radice dell'aggettivo troviamo la parola arte. È artigianale ciò che è frutto del lavoro dell’uomo, del suo ingegno e della sua creatività. Il gusto di queste birre non è standardizzato ma peculiare e può mutare ad ogni birrificazione. La birra artigianale è una bevanda cruda (non pastorizzata), integra (non filtrata) e priva di conservanti.
Sono in programma cene su prenotazione in abbinamento alle birre: sabato 19 dalle ore 20.00 cena a base di pesce, domenica 20 ore 20.00 cena a base di carne bovina Calvana entrambe le cene saranno a sostegno delle Comunità del cibo di Terra Madre. Per gni serata è prevista musica dal vivo
Durante tutta la manifestazione sarà disponibile il servizio navetta all’interno del Parco


Slow Food Condotta di Prato
Per maggiori dettagli ed informazioni:
SlowFood PratoV. Alessandria, 7/a, 59100 - Pratotel. 0574 443105fax. 0574 38696
info@slowfood.prato.it
http://www.slowfood.prato.it/


martedì 1 luglio 2008

Arend Dubbel


Alta fermentazione, rifermentazione in bottiglia per questa bella dubbel belga, di quelle dubbel cremose e non di quelle piccanti e molto asciutte. Brassata in “onore” di Gustaaf de Ryck, che nel 1886 pose la prima … cotta della futura brasserie De Ryck, chiamata in un primo momento “L’aquila d’oro” (“Gouden Arend” in fiammingo). Buona, veramente buona, e non lasciatevi ingannare dai 6,5° dichiarati, arriva, quando è il momento, compatta e robusta. Bel colore tonaca di frate, con i “regolari” riflessi rossastri; la schiouam inizia bella, fine e cremosa, poi svanisce abbastanza rapidamente. Il caramello, lo zucchero e il malto vengono subito fuori, al primo impatto con il naso, niente ditrascendentale, ma ben fatto, comunque. Il corpo è morbido: la sensazione che lascia la birra nel suo complesso è proprio quella della rotondità e della morbisezza: palato ben “impastato”, note leggermente tostate, frizzantezza ben integrata nel contesto, un tocco di frutta matura nel finale. Una classica dubbel, di quelle che ce ne vuole sempre in cantina, con un finale caldo, più invernale che estivo. Alc. 6,5% vol ©Alberto Laschi


‘T Gaverhopke Blond


Una classica bionda delle Fiandre, non eccessivamente carica di gradi e di alcool, con un tocco iniziale di fantasia ed una corsa regolare ed elegante. Ha un bel colore biondo dorato, leggermente opalescente, e schiuma fine, poco persistente. Il naso è leggermente rustico, con un lievito in prima battuta e un sentore diffuso di malto e cereali. Bouquet comunque non particolarmente ricco, ma fresco e corretto. La birra al palato si presenta all’inizio leggermente acidula e astringente, con un qualcosa che ricorda il lattacido, per poi assestarsi su una corposità rotonda e molto beverina. Si evolve poi in note corpose di malto, asciutte di luppolo, con sempre un leggero sentore, in fondo, alla base della lingua, astringente, con note che ricordano la pera non matura, leggermente ruvida. Finisce regolare e molto asciutta, con un finale dissetante. Alc. 8% vol ©Alberto Laschi