Subito la carta d’identità:
Nome: Biere Blanche (witbier in fiammingo)
Luogo di nascita: Brabante fiammingo, Nord della Francia
Tipologia: Alta fermentazione, di tenore alcolico moderato (raramente si superano i 5°)
Ingredienti: malto d’orzo, frumento non maltato, avena non maltata (raro). Speziata con coriandolo, scorza di arancia amara di curaçao
Particolarità: non filtrata e non pastorizzata, colore bianco lattiginoso (da qui il nome), opalescente
Storia. Si deve risalire al medioevo, in un paesino vicino Lovanio (30 km. circa da Bruxelles),
Hoegaarden. Qui si produceva birra già dal 1318, ma tutto cambia nel XV scolo, con l’insediamento nella zona di una comunità di padri Begardi. I Begardi erano “l’alter ego” delle Beghine, movimento religioso del Nord Europa nato all’incirca nel XII
secolo, formato da donne, spesso vedove di guerra o di malattia, che scelgono di vivere in comunità fra di loro, spesso sotto la guida spirituale di un sacerdote. Non erano suore, non rinunciavano alle loro proprietà, non pronunciavano i voti e potevano tornare alla vita laica quando volevano; le loro comunità si chiamavano beghinaggi (ancora oggi ce ne sono 11 in Belgio e 2 in Olanda), nelle quali si dava aiuto alle donne sole o ai malati, e il cui ritmo di vita era scandito dalla preghiera. Dapprima appoggiato informalmente dalla Chiesa, il movimento delle Beghine visse alterne vicende, e in seguito alle caratteristiche alquanto inusuali del loro movimento, andò incontro anche ad accuse di eresie, le stesse nelle quali incorsero (insieme a dure repressioni) i Begardi, predicatori erranti che vivevano in povertà spostandosi di villaggio in villaggio denunciando gli abusi del clero e predicando il ritorno al cristianesimo delle origini. In uno dei loro spostamenti, i Begardi si stabiliscono dunque ad Hoegaarden, e lì cominciano a produrre birra e vino, presto imitati dai contadini della zona. Che danno vita ad un vero e proprio exploit produttivo: in un paesino di poco più di 2000 anime si arriva a 35 birrifici insediati all’interno del territorio comunale agli inizi del 1800. La Rivoluzione Francese, con i saccheggi e le ruberie che spesso si trascinò dietro, pone fine a questo boom produttivo, e lo stile birrario della zona corse il rischio dell’estinzione, in contemporanea anche al grande successo che il mercato decretò alle pils. Dai 35 birrifici di inizio ‘800, si arriva ai 2 birrai del 1955, Tomsin e Loriers, gli ultimi detentori del segreto produttivo delle blanche. Poi anche Loriers si arrende al mercato, e nel 1957 Tomsin, per sopraggiunti limiti di età, smette di produrre.
Un lattaio texano, vicino di casa di Tomsin (che aiutava nel tempo libero), Pierre Celis, n
el 1965 decide di ridare una nuova vita produttiva alla biere blanche fiamminga, e insieme a due soci olandesi ricomincia a produrre, all’inizio con veri e propri mezzi di fortuna, con la stessa ricetta “carpita” in anni di osservazione al vicino Tomsin. Per 20 anni Pierre Celis, con i prodotti della sua Celis Brouwerij, rivitalizza il mercato di questa particolare tipologia birraria, fino a che il suo stabilimento non prende fuoco: per ripianare i debiti, deve cedere alla InBev la maggioranza delle azioni della sua ditta, e si trasferisce poi in America. Ma il “miracolo” si era ormai compiuto: le biere blanche, da tipologia a rischio d’estinzione, si trasforma in birra “trendy”, che si ritaglia una bella fetta del mercato. A tutt’oggi ci sono almeno una cinquantina di biere blanches belghe, oltre a numerosissime altre produzioni europee e d’oltre oceano. E imastri birrai di tutto il mondo hanno apportato più di una variazione allo stile “classico” delle blanche, con l’introduzioni di nuove materie prime (grano kamut, farro, grano saraceno) e di speziature sempre più estreme.
Fra le “classiche” blanche belghe, da ricordare la capostipite Hoegaarden (in questi ultimi tempi un po’ cambiata, a dir la verità, in peggio), la Blanche de Watou, la Blanche de Charleroi, la Blanche des neiges, la Mater, la Wittekerke, la st. Bernardus Blanche, la Titje, la Troublette, la Blanche de Namur. Degne di nota anche le olandesi Korenwolf e Wieckse Witte. Fra le blanche più particolari, da ricordare la Waaslander di Boelens e la Tarwe della Berseel, insieme alla Triverius della De Graal; la particolare Darbyste con l’aggiunta di sciroppo di fichi, le robuste Blanche de Hainaut della Dupont e Blanche de Honnelles dell’Abbaye des Rocs, la Blanche de Saisis della Ellezelloise (priva di spezie). Ed altre ancora.
Che dire di più. Gli abbinamenti gastronomici: le biere blanches sono perfette per un aperitivo fresco, in abbinamento con frittatine alle erbe, salumi non eccessivamente saporiti, formaggi freschi e freschissimi, pasta al pesto e verdure fritte in pastella. Da ultimo, una tradizione puramente belga: la prima Hoegaarden della giornata dovrebbe essere bevuta completamente in "non più di tre sorsi" (ci si riferisce ad una bottiglia da 0,25 cl.)
Alberto Laschi