mercoledì 26 novembre 2008

Tsjeeses

Birra che ha ricevuto nel 2006 il premio come miglior birra di Natale al festival delle birre di Natale di Essen. Il nome non è altro che una espressione gergale olandese atta ad esprimere meraviglia, ed equivalente, si può dire,all’inglese: “Oh, Jesus!”. Fatta maturare per 8 mesi a 10° celsius con in infusione uva, arance ed albicocche, per la sua brassatura sono impiegati il malto polacco Marynka e il Brewers Gold. Il tutto da vita ad una birra massiccia, notevolmente robusta, dal corpo che dà delle vere e proprie spallate gustative per farsi posto. Se devo dirla tutta, un po’ troppo alcolica, o meglio, con la parte alcolica che la fa un po’ troppo da padrona. Bello il colore, di un arancio torbido ed intrigante, con abbondante residuo in sospensione. La schiuma non può che essere fine e poco persistente. Un po’ scarna la parte aromatica, con poche note fruttate, un leggero lievito e abbondanti sentori alcolici. Il corpo: difficile trovare un rafforzativo di “massiccio”, ma un questo caso ce ne sarebbe bisogno: è birra quasi solida, non liquida, un po’ troppo “pesa” da mandare giù. L’alcool, è imponente, non squilibrato, ma comunque invadentissimo, si fa largo su tutto il resto; resta un poco di “spazio gustativo” per un frutta bianca matura, una leggera astringenza di frutta rossa e la quasi assenza di luppolo. Finisce lunga e robusta. Adatta per un dopo cena, di quelli che un bicchiere e a letto subito dopo. Alc. 10% vol ©Alberto Laschi

mercoledì 19 novembre 2008

Straffe Hendrik Bruin


Prodotta dalla RIVA NV dal 1988 al 2004. Colore vermiglio un po'nebbioso, testa brunastra media, abbastanza stabile. L'aroma è molto alcolico , abbastanza maltato, con note di liquirizia. Gusto maltato, abbastanza metallico, con note comunque abboccate; abbastanza pesante il corpo, con profumi di note del foglio del sigaro, cioccolato agrodolce, vinoso. L'effetto nella bocca è un poco sciropposo ed appiccicoso. Ottima birra, in generale, un po’ squilibrata nella componente alcolica, che appare con un po’troppa evidenza nelle’evoluzione del gusto. Finale lungo ed abbastanza gradevole, che ripropone pari pari le note gustative del palato. Alc. 8,5% vol ©Alberto Laschi

Malheur Dark Brut


Questa birra viene fatta riposare per 6 mesi in speciali botti di quercia americana trattata. E' veramente splendida, non ha niente da invidiare a un qualsiasi altro brut "di spremitura d'uva"; in più si sposa perfettamente con il cioccolato, così com'è nella dichiarazione d'intenti scritta sull'etichetta. Ha un bel colore mogano scuro, limpido, schiuma ricca e fine, non molto persistente. Ha subito l'aroma fresco e secco della frutta secca (mandorle, nocciole), con una leggera torrefazione e un tocco di lievito. Il corpo è rotondo, splendidamente beverino, che non fa "pesare" la robusta gradazione alcolica. Di frizzantezza spiccata, lascia sempre il palato pulito e asciutto, con le note ripulenti della nocciola, del malto tostato, del lievito, il tutto in un mix sapiente di morbidezza e asciuttezza. Ha corsa equilibrata, riazzera le sensazioni fino alla bevuta successiva, così come dev'essere per una birra che si sposa al cioccolato. Alc. 12% vol ©Alberto Laschi

Malheur Cuvée Royale


Questa birra è stata brassata per la prima volta nell'occasione die festeggiamenti per il 175° anniversario del Regno del Belgio, e segue fedelmente i dettami del metodo champenoise. Bell'esempio produttivo, raffinato, appagante. E' una birra di 9° che ricorda molto nella sua struttura un champagne brut, abboccato, equilibrato, rinfrescante. Ha schiuma corposa, cremosa, abbondante, un bel colore dorato carico, una frizzantezza media. Ha aroma ricco di malto, con alcune note citriche, un sentore diffuso di luppolo, assieme ad un aroma persistente di mele bianche. Ha corpo rotondo, equilibrato, che nella corsa finale ricorda proprio quella di uno champagne, lascia un palato rotondo e morbido, con una nota abboccata diffusa, persistente ma non invadente, robusta di alcool senza esserne travalicata. Alc. 9% vol ©Alberto Laschi

Malheur Brut Reserve

Altra produzione di alta gamma della Malheur, con questa brut Riserve che, affinata fino a tre volte in bottiglia, raggiunge la consistete gradazione di 11° alcolici. Un vero e proprio brut, adatto più che per gli aperitivi, per un dopo pasto robusto e meditativo. Molto meno carbonato degli altri brut, questa birra/spumante ha colore dorato, spuma abbondante e a bolle grosse, che si deposita abbastanza rapidamente. Robusto, al limite dell'eccessivo, il corpo, dalla forte componente alcolica, che satura il palato e riscalda prontamente con note amare di miele e astringenti di luppolo. Non ricchissimo il palato, con le sensazioni "classiche" di una blonde strutturata e consistente, un po' più ricco l'aroma, con un tocco di lievito e un sentore rustico e terragno che la rende abbastanza attraente. Lunga la corsa finale, calorosa e improntata a sensazioni amare diffuse. Alc. 11% vol © Alberto Laschi

Malheur "12"

Il doppio dei gradi, e comunque il doppio dei complimenti, rispetto alla 6° (ma non ci voleva molto). Bevuta in una versione ibrida: nuova etichetta ma vecchio formato da 0,25, mentre ora è imbottigliata dalla Affligem (chissà poi perché …) in bottiglie da 0,33. Schiuma inizialmente abbondante e cremosa, che poi svanisce mediamente svelta, bel colore marrone scuro, quasi impenetrabile, con leggeri riflessi ramati. Bel naso, tostato, ma anche relativamente dolce di cereale, con un timido carattere rustico/speziato. Il corpo è veramente ben fatto, consistente ma anche molto equilibrato, che si fa bere volentieri, al di là della massiccia alcolicità. Rende l’idea di una birra dotata dei toni caldi del cioccolato, del caramello, del miele, con una luppolatura abbastanza buona che viene fuori nell’elegante finale, relativamente asciutto. Buona, beverina, non aggressiva, ma l’ingresso sulla scena della Affligem(Heineken) lascia un po’ interdetti a riguardo del futuro (o anche del presente?). Alc. 12%vol © Alberto Laschi - Foto ©Filip Geerts (Belgian Beers Board)

Malheur "10"

Forte birra delle Fiandre, dalla struttura e dalla caratteristiche comuni a molte altre birre della stessa tipologia. Schiuma fine, bel colore dorato carico, limpido, dal naso non raffinato di malto e di alcool. Poco frizzante, ha corpo chiaramente consistente decisamente amara, robusta di alcool. Finisce sufficientemente lunga. Alc. 10% vol ©Alberto Laschi

Malheur "6"


Una birra della quale nessuno sentiva la necessità: non riempie nessun vuoto, né qualitativo, né commerciale. Di bionde leggere luppolate in Belgio ce ne sono a bizzeffe, quasi tutte migliori di questa 6°, che la De Lantsheer qualifica come “piacevole birra da esportazione” (forse perché in Belgio nessuno se la beve?). A parte gli scherzi, una birra banale, non sciatta, ma costruita bene secondo criteri al ribasso. Biondina, schiuma fine e non molto persistente, e poi il festival dell’ovvio: scarso naso, monocorde sull’erbaceo, corpo snello, leggermente acquoso, ricco solo di amarognolo, con secchezza finale diffusa. Non si fa bere nemmeno con eccessiva facilità, e non è poco per una biondina di 6° appena ... Alc. 6% vol ©Alberto Laschi

martedì 18 novembre 2008

Malhuer Brouwerij

Il birrificio Malheur si trova a Buggenhout, nelle Fiandre Orientali. Incontro Manu De Landtsheer durante il mio ultimo viaggio ad Ottobre. Lo ringrazio “pubblicamente” per la sua disponibilità e simpatia.

Manu, perché Malheur.. malefico?
La “leggenda” vuole che un vecchio abitante del villaggio assaggiando la nostra birra abbia detto che era “malefica per quanto buona”.. Malheur è una parola ambigua in fiammingo, può assumere un significato sia in senso positivo che negativo.. mi è piaciuta l’idea dal punto di vista della comunicazione.

Come nasce il birrificio?
Il Birrificio così come lo stai visitando è stato "modernizzato" nel 1997.
Il mio avo Balthazar De Landtsheer i primi del ‘800 aprì una birreria che chiamò “De Halve Maan” a Baasrode nelle Fiandre Occidentali. Suo nipote, Emmanuel, proprio in questo edificio a Bugghenout trasformò lo stabile adibito a Taverna (attiva già del 16°secolo) in birrificio chiamandolo “De Zon” (arancione)..è per questo che usiamo tutto questo arancione! Fermata l’attività di produzione dopo la seconda grande guerra mio nonno incominciò a commercializzare birra. Importava Pilsner Urquell ed era il fiduciario per i Trappisti di Westmalle e del birrificio Lamot di Mechelen, oggi chiuso. Mio padre Adolf è stato sindaco per 33 anni di Bugghenout ed è in suo onore che ripresi la produzione di birra nel nostro villaggio.

Mi presenti le “tue” birre?
Usiamo solo acqua, luppolo, malto, lievito e zucchero.. abbiamo cercato di creare un gusto “malheur” che riesca ad affascinare gli amanti della birra. Abbiamo la “6”, una piacevole birra da esportazione con un amaro leggermente accentuato ed un finale molto lungo. La “8” , una chiara nata per l’esportazione matura per ben due mesi nelle nostre cantine. La “10”, una birra Speciale con 10% alc.; birra dal colore dorato, molto corposa. La “12”, una scura a 12% alc. molto bilanciata.. pericolosa a bersi. Poi abbiamo le nostre birre Brut.. le prime birre Brut!

Scusami.. a Bugghenout ci sono due birrifici.. voi e Boostel.. è strano che contemporaneamente sul mercato escano “due” prodotti di nuova concezione, no? Chi è stato il primo?
Nel passato le due famiglie non si amavano troppo. a me non interessano più queste gelosie di paese ma ti dico che l’idea di una birra con il metodo champenoise è stata mia. Penso che ci sia stata una fuga di notizie quando raccontai a Michael Jackson la mia idea, durante una sua visita a Bugghenout.. qualcuno del suo entourage deve aver accennato la cosa all’altro birrificio ed adesso abbiamo 2 birrerie dello stesso villaggio che producono birre con il metodo champenoise.

Malheur Brut e Dark Brut.
La Brut ha 11% alc. abbiamo studiato il processo produttivo applicato allo Champagne. Le bottiglie , in una prima maturazione, vengono tenute inclinate con la testa verso il basso. I lieviti confluiti nel collo della bottiglia vengono “fatti uscire” con il metodo del dégorgement, proprio dello champagne. Il procedimento è affascinante e costoso allo stesso tempo, ma sono orgoglioso del risultato finale. La Dark Brut, una scura a 12% alc., è prodotta con lo stesso metodo della Brut Originale ma viene fatta invecchiare in botti affumicate di rovere.. fatte costruire appositamente negli Stati Uniti. Il risultato è una birra molto complessa con aromi di cafè, cioccolato, madeira ma con gusto asciutto. Amo questa birra..

Cosa significano le “MM” sull’etichetta della “10”?
La birra è stata lanciata sul mercato nel 2000. MM corrispondono ai numeri romani per scrivere “duemila”.










Passiamo alla sala degustazione.. Manu mi spilla una "6" (mah..) ed una "12" (ci siamo un pò di più)..alle 11 di mattina è un bell'inizio di giornata!!

Per visitare il Birrificio basta scrivere una email a info@malheur.be


Malheur Bieren
Mandekensstraat 179
9255 Buggenhout
Tel +32 52 33 39 11
Fax +32 52 34 25 28

sabato 15 novembre 2008

Tingel

Allora: penso sia (stata) l’unica bottiglia di Tingel presente sul territorio italiano; ci abbiamo messo un po’ per “farle la festa”, ma alla fine ci siamo decisi. Questo nuovo prodotto di Boelens,”agguantato” durante l’ultima spedizione in quel di Belsele, ci incuriosiva, a partire dalla materia prima con cui questa birra è stata brassata: l’ortica. Una birra un po’ “fantomizzata”, forse: nel senso che sembra che il buon Kris è sceso nell’orto di casa e ha cominciato a cercare qualcosa da mettere nella nuova cotta … e ha trovato l’ortica. Non è andata proprio andata così: la birra è stata prodotta per un Circolo Culturale di St. Niklaas e si fa bere molto volentieri. Prodotta con sole materie prime biologiche e rifermentata in bottiglia, è una bella bionda (mentre sulle foto di BBB appare di un bell’ambrato; mistero …) dalla schiuma all’inizio imponente, bianca fine e abbondante, che poi svanisce piano piano. L’aroma all’inizio sembra quasi acidulo, poi si caratterizza meglio in un astringente citrico; fiori ed erbe comunque in abbondanza, con un risultato delicato e soffuso. Corpo (7°) snello e beverino: va giù che è un piacere, senza essere però sciatta o “slavata”. Carattere erbaceo e leggermente floreale, un finale secco, moderatamente amarognolo, pulito e astringente. Se dovessi dire a cosa assomiglia di più, direi ad una Saison, ma un po’ al confine, con un erbaceo più soffuso ed una frizzantezza meno accentuata. Comunque disseta e ripulisce che è un piacere. Da risentire ancora con un po’ di maturazione in più. Assaggiata con pecorino siciliano primo sale mediamente stagionato: scelta molto azzeccata, ripulisce che è un piacere. Alc. 7% vol ©Alberto Laschi

mercoledì 12 novembre 2008

Brugse Zot Dubbel


Repetita (anche se diversa) iuvant: dopo la Zot Blond la De Halve Maan ha da poco messo sul mercato anche la “sorella” scura, una dubbel molto beverina, anch’essa. Brassata usando sei diversi tipi di malto e il luppopolo Ceko Saaz, ne è venuta fuori una classica ale scura belga, di alta fermentazione, rifermentata in bottiglia con l’aggiunta di zucchero candito. E’ sul confine fra un’ottima “industriale” e una molto buona “artigianale”, liscia e beverina, con non molto carattere, ma fatta e finita, maturata al punto giusto e imbottigliata quand’è l’ora sua. Bel colore marrone mogano, classica scjhiuma a bolle grosse non molto persistente, e aroma + palato ricchi entrambi di malto (e non potrebbe essere altrimenti) tostato con una presenza netta e pulita del luppolo, che la dà la giusta astringenza finale. Alc. 7,5% vol ©Alberto Laschi

Brugse Zot


Brassata e commercializzata dall’ aprile 2005, questa nuova birra (“brugse lunatico”) segna nell’intenzione della ditta una nuova rinascita. Si fa risalire il nome della birra alla tradizione popolare secondo la quale si narra che volendo accogliere nel migliore dei modi l’imperatore Massimiliano d’Austria nella propria città, gli abitanti di Bruges avevano organizzato tutta una serie di parate, animate da giocolieri, giullari e altri “pazzerelli”. Alla fine della giornata fu chiesto all’imperatore di investire una somma per la creazione di una scuola per giocolieri/giullari: rispose che da quanti ne aveva visti in giro per tutto il giorno, non c’era bisogno di una scuola o un riparo per loro, visto che Bruges stessa era una grande casa di lunatici. Da allora la gente di Bruges è stata conosciuta sempre come i ‘ Lunatics ‘.


Birra molto beverina, di non molto carattere, ma va giù bene: bel colore biondo dorato, schiuma fine e poco persistente, naso fresco e pulito, senza erò essere troppo caratterizzato. Si notano leggeri malti, un tocco di luppolo e una sensazione leggera, ma diffusa, di lievito. Il corpo è rotondo, un po’ acquoso e di carbonazione accentuata, con note sfuggenti di frutta bianca (mela?) e malto, con una quasi assenza di amarezza. Una birra che non è memorabile, ma che si fa apprezzare per la sua bevibilità. Alc. 6% vol ©Alberto Laschi

Brouwerij Halve Maan


La Brouwerij Halve Maan (Mezza Muna) fu fondata da Leon Maes nel 1856 a Bruges, ma documenti storici della cittadina parlano di un birrificio attivo già dal 1564 nella stessa via della Halve. Agli inizi degli anni ottanta Véronique, pronipote di Leon, lancia sul mercato una nuova birra che rivitalizza la birreria: la Straffe Hendrik.

Nel 1988 la proprietà passa alla Riva e nei locali adibiti alla produzione vennero aperti una Sala di degustazione delle birre commercializzate, un ristorante sempre molto frequentato anche dai turisti brassicoli stranieri ed un Museo.

Solo nel 2005, riammodernizzati gli impianti di produzione, la famiglia Maes riprende le redini del birrificio con il figlio di Véronique (Xavier Vanneste) che lancia sul mercato la nuova birra di Bruges: 't Brugse Zot. Questa nuova birra (“brugse lunatico”) segna nell’intenzione della ditta una nuova rinascita. Si fa risalire il nome della birra alla tradizione popolare secondo la quale si narra che volendo accogliere nel migliore dei modi l’imperatore Massimiliano d’Austria nella propria città, gli abitanti di Bruges avevano organizzato tutta una serie di parate, animate da giocolieri, giullari e altri “pazzerelli”. Alla fine della giornata fu chiesto all’imperatore di investire una somma per la creazione di una scuola per giocolieri/giullari: rispose che da quanti ne aveva visti in giro per tutto il giorno, non c’era bisogno di una scuola o un riparo per loro, visto che Bruges stessa era una grande casa di lunatici. Da allora la gente di Bruges è stata conosciuta sempre come i ‘ Lunatics ‘.

Xavier Vanneste (al centro) mentre riceve il premio al World Beer Cup del 2006, per la sua Brugse Zot, come migliore Ale Belga©Foto da www.halvemaan.be


Brouwerij De Halve Maan
Walplein, 26
8000 Brugge

Tel. +32(0)50 33 26 97
Fax +32(0)50 34 59 35






©Foto Vanessa Rusci

martedì 11 novembre 2008

Bruges – Ottobre 2008


Nella mia ultima visita in Belgio mi sono ritagliato una serata a Bruges. Se si può amare una città (dopo la mia ovviamente) direi che Bruges è dentro il mio cuore.

Capitale delle Fiandre Occidentali è una Città Museo vivente..la città Medievale meglio conservata d’Europa ed anche la più visitata. E’ anche una tappa obbligatoria per chi ama la birra. Oltre al birrificio cittadino che da poco ha ripreso la produzione (De Halve Maan) abbiamo dei “must” da "degustare".. questa volta ho dormito all’Hotel Erasmus e fatto l’aperitivo ed il dopocena al Brugs Beertje.

L’Erasmus è vicinissimo alla piazza principale di Bruges.. non proprio economico ma molto affascinante.. un aneddoto:
Avevo prenotato per email..all’arrivo vengo accolto da Tom Allewaert il proprietario, un anziano signore, che assomiglia a Cab Calloway in versione “sbiadita”..
“Ah..Italia
Yes, from Tuscany, Siena
ooh, Tuscany..Firennzze..Lorenzo..”
“Lorenzo..il Magnifico..?”
“No! Kuaska!”

Eh si..l’ombra di Kuaska echeggia dappertutto..se parli di birra in Belgio e dici che sei italiano, il primo nome che salta fuori è “Lorenzo”..bene, solo il fatto di conoscerlo mi ha fatto meritare la Suite..

Hotel Erasmus
Wollestraat 35
8000 - Brugge
Tel + 32 50 33 57 81
Fax + 32 50 33 47 27

Tappa OBBLIGATORIA a Bruges è il locale di Daisy, il 't Brugs Beertje, che quest’anno ha festeggiato i 25 anni di apertura. Il locale è in una palazzina del 1632 ed è un sogno.. molto rustico, una selezione di birre eccezionali che Daisy sceglie personalmente (della Boelens ad esempio aveva solo la WaaseWolf e stranamente non la Bieken..questo perché a dicembre "l’avrò alla spina insieme alla Santa Bee" ci spiega Daisy). Il locale (che Daisy chiama "Tasting House" e non "pub") è sempre affollato…l’80% è gente non di Bruges: ho trovato norvegesi, canadesi, americani, tedeschi, americani, giapponesi.. Durante la serata ho avuto l’occasione di parlare con uno degli organizzatori del Festival che si terrà questo fine settimana proprio a Bruges : http://www.brugsbierfestival.be/. Data un’occhiata alle birrerie che saranno presenti sarebbe un appuntamento da non perdere..peccato non essere obiqui ma solo obliqui dopo qualche birra..
't Brugs Beertje
Kemelstraat 5B
8000 Brugge
tel & fax:+32(0)50 33 96 16
email: info@brugsbeertje.be



Gianni

©Foto di Vanessa Rusci

lunedì 10 novembre 2008

Laboratori al Salone del Gusto

Il mio report ai tre laboratori a cui ho partecipato al Salone si concentra in questo post.

A differenza di Alberto sono stato sul classico.. Lambic con Armand Debelder della 3Fonteinen, Westvleteren con Jef van den Steen (giornalista e birraio della Glazen Toren) e il laboratorio con Teo Musso (Baladin) che ci ha spiegato la filosofia della “sua birra da divano”..la Xyauyù.

« Per il birraio le proprie creazioni sono il prolungamento della sua personalità », la frase di Kuaska si veste intorno ai tre personaggi che abbiamo incontrato. Armand e Jeff (che ha fatto una splendida introduzione storica alle birre Trappiste) con l’umiltà e la passione che li contraddistingue, ci hanno fatto immergere nel loro mondo..le degustazione sono state un viaggio di sapori : dal Lambic piatto alla stupenda (haimè centellinata) birra di Wesvleteren. Nei nostri archivi potete trovare tutto quello che vi incuriosice sulle Lambic e sulle Trappiste.

Non avevo mai incontrato Teo Musso..Matteino (Teo) Musso: il nume tutelare della birra di qualità in Italia, il santo patrono di tutti i mastrobirrai artigianali italiani, il precursore, l’innovatore, il genio birrario etc. etc. Con lui i complimenti si sprecano.. ma c’è chi lo vorrebbe santo subito, c’è chi ne costruisce già agiografie con tanto di miracoli in serie. Come poterlo descrivere in maniera un po’ più “adeguata”? Penso in due modi: il primo, quello autobiografico, quando Teo dice di sé: «La mia natura è quella dell’oste. Sono uno che accoglie. Ho viaggiato parecchio, adesso sto fermo e cerco di creare un mondo qui. Se ti muovi, non riesci, crei solo uno stile di vita, non un mondo»; il secondo invece è il vederlo attraverso gli occhi di Kuaska (suo compagno di strada della nouvelle vague birraria italiana), che lo definisce “the boy that never sleeps”, riferendosi alla sua straordinaria vitalità produttivo/imprenditoriale. Ripeto le parole di Alberto, ma come non farlo.. Teo è comunque un passo avanti, se non due.. interessante , alla fine del laboratorio, il suo appello ai birrai italiani a far nascere una loro identità..ormai la sua missione birraria vive in altri livelli e “sconsiglia” ai nuovi (troppi) birrai di prenderlo ad esempio..ognuno ha la sua storia.

Il Laboratorio si incentrava sulla Xyauyù..dalla prima prova del ’97 fino alla versione attuale in commercio…ed il racconto affascina: le prove nell’aia dei genitori..il nome suggerito dalla figlia, la ricetta tecnicamente collaudata a cui siamo arrivati. Birra (?) complessa.. Niente carbonazione.. Nel bicchiere si intrecciano profumi che rimandano a suggestioni di vin cotto, datteri e fichi appassiti. La profondita' dell'analisi suggerisce sentori di creme caramel e miele di castagno, in una cornice di toni caldi che chiude il quadro con elementi" di nocciole tostate e gradevole speziatura. L'assaggio esprime le sensazioni verificate all'olfazione diretta. L'attacco e' mediamente dolce,con un buon calore in centro bocca, di spiccata morbidezza.

domenica 9 novembre 2008

"Ai confini della Birra" - Laboratorio Salone del Gusto 2008

Pubblichiamo un secondo report di su un laboratorio di degustazione a cui abbiamo partecipato durante il Salone del Gusto. Ci stacchiamo per un momento dal Belgio raccontandovi “ Ai confini della Birra”.

(laboratorio guidato da Kuaska, venerdi 24 ottobre 2008)

Cronologicamente questo laboratorio viene prima di quello dedicato agli American Beer Poets, ma "gustativamente" l’ho messo dopo, nel senso che una volta assaggiati gli "estremismi" produttivi degli americani, i "confini" produttivi degli italiani sono stati, a mio parere, molto meno estremi, e di più facile attraversamento.

Guidati dal guru , Kuaska, ben coadiuvato da Luca Giaccone, preciso, puntuale, informatissimo, sul palco del laboratorio si sono schierati 6 mastribirrai italiani, portando con sé una bella panoramica della produzione artigianale italiana, frutto del proprio estro produttivo. E l’orizzonte gustativo che ha presentato Kuaska al folto numero dei partecipanti è apparso subito più che variegato: dalla prima lambic tutta italiana alla celebrazione del luppolo, profuso abbondantemente nella H10OP5 , passando per la birra alle carrube, per finire ad una vera e propria anteprima del Birrificio del Borgo. Pochi i preamboli; non del tutto necessari, a mio parere, quelli (ripetuti) dedicati alla "Guida alle birre d’Italia" che Slowfood ha presentato proprio al Salone di Torino, e che meriterebbe un discorso a parte (non del tutto positivo). Kuaska si è lanciato subito nella celebrazione della ricchezza del panorama birrario artigianale italiano, delle capacità tecniche di qualche mastro birraio ormai vicina all’eccellenza e della fantasia produttiva che non necessariamente (per fortuna) fa rima con "stranezze produttive". Ed ha lasciato poi che fossero i singoli mastri birrai a prendere in mano la barra del comando, perché così doveva essere.

Ha cominciato Renzo Losi, mastro birraio della Panil di Torrechiara con la sua particolarissima Divina, una lambic di 5,5°, biondo velata. E’ stato chiaro e diretto Renzo Losi nel cercare di spiegare la propria birra, o meglio, l’idea che sta prima della birra stessa: ha voluto "mettere nella birra l’aria del luogo". Birra a fermentazione spontanea, né lieviti né batteri, il mosto ha riposato per tutta una notte all’aperto, sul cassone di un camion sotto la luna piena, in modo da assimilare tutti i lieviti selvaggi presenti nell’aria stessa; usati solo malto italiano e una piccola percentuale di luppolo selvatico. Il risultato è ottimo, la birra è in una forma migliore rispetto ad un mio precedente assaggio: molto ben bevibile, il centro bocca si pulisce rapidamente e la leggera acidità ne alleggerisce il finale. Esperimento riuscito: si vede che dalle sue parti anche l’aria è buona.

E’ stato poi il turno di Beppe Vento del BI-DU, con la sua particolarissima H10OP5, che deve il proprio nome al fatto che per brassarla sono stati impiegati ben 10 tipi diversi di luppoli, usati in 5 fasi diverse della lavorazione. La cosa stupefacente, che ha lascito letteralmente tutti a bocca aperta, è stato il fatto che Beppe è stato capace di elencare (senza interruzioni o tentennamenti) i nomi di tutti e 10 i luppoli da lui impiegati. Ma erano solo le 12,30 …. e chi conosce Beppe capisce … Colpisce, comunque, la sua birra per l’equilibrio generale, aiutato anche dall’utilizzo di malto inglese pale che non contrasta i luppoli: asciutta, floreale, poco frizzante, con "la parte resinosa del luppolo che si impadronisce del fondo del palato" (Luca Giaccone dixit).

Sergio Ormea del GradoPlato poi è stato chiamato a presentare la sua eccezionale Chocarrubica, per la quale ha usato oltre all’avena (in grani e in fiocchi) e alle fave di cacao del Venezuela (tostate a Vicoforte), la carruba, un legume atipico, molto diffusa nel sud Italia. Sempre molto misurato nell’esposizione, senza nessuna falsa modestia ha detto che questa birra "gli è scappata", produttivamente parlando, guardando un documentario in Tv sul dopo guerra in Italia, con gli americani che portavano cioccolata per tutti e con il sud che subito si è organizzato a ricopiarla con quello che aveva in mano, la carruba cioè, molto simile nel gusto al cacao. La birra è uno spettacolo: densa, corposa, color nero della notte, con il palato che si riempie completamente delle note del cacao, ma non satura grazie ad una nota acidula nel finale. È una birra chewey, masticabile (semper Giaccone dixit), ed è un complimento.
Così come solo complimenti sono stati riservati alla Febbre Alta, presentata da Dano, alias di Daniele Mainero mastro birraio del Troll. Birra dalla bella storia, narrata con lucidità da Dano, che la "costruisce" con 16 erbe una sola volta l’anno, perché solo in quel periodo riesce a trovarle tutte. Nata dalla rivisitazione di una ricetta del 1600 quando si usava il gruyt, sostituito poi dal luppolo, è complessa e variegata, con l’amaro che gli viene conferito dalle foglie di carciofo e il profilo balsamico che deriva dall’uso di germogli di pino (raccolti a febbraio e quindi resinosi). E’ birra ambrata, densa, con i lieviti in sospensione e un’idea di fiori di sambuco, con un flash gustativo che la fa accostare ad alcuni amari, comunque fantasiosissima.

Dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, è la Sedicigradi del birrificio Birra del Borgo, ultimo, in ordine di tempo, esperimento produttivo di Leonardo di Vincenzo. Che l’ha spiegato a tutti, a partire dalla cotta fatta nel settembre del 2007, i 20 giorni della fermentazione primaria, i lieviti di champagne, il blocco della fermentazione (fatta in barrique di rovere francese) per 6-7 mesi a causa del freddo di Borgorose, e la "ripartenza" della fermentazione in primavera. Il tutto è durato 12 mesi: ma ne è valsa sicuramente la pena. Una barley wine con i controfiocchi, dall’aroma rustico e legnoso, dal gusto liquoroso e morbido, alcolica senza essere eccessivamente potente, dal finale lungo e caldo.

Avevo detto all’inizio 6 birrifici con 6 birre, e ne ho recensiti solo 5. Per carità di patria ometto di parlare del 6° birrificio e della 6° birra: ancora oggi non ho capito cosa ci facesse, in un panorama così solido, di lunga tradizione e di provata esperienza, la prova produttiva di un giovane mastro birraio dell’Italia Centrale che di fatto si è dimostrato un vaso di coccio fra imponenti vasi di ferro. Non era proprio il caso.
Alberto Laschi

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione 3Fonteinen (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano la "3Fonteinen Doesjel" (3Fonteinen Brouwerij)durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.


Parte 1



Parte 2

sabato 8 novembre 2008

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione "Homebrewer" (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano la birra di un Homebrewer piemontese (Valter Loverier) durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.



Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Den Hopperd (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Bart Desaeger (Den Hopperd Brouwerij), la "Kameleon Tripel" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.


Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Brasserie de Blaugies (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano la "Darbyste" della Brasserie de Blaugies durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.


giovedì 6 novembre 2008

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Cantillon Gran Cru (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano la "Cantillon Gran Cru" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.

Parte 1

Parte 2

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Birrificio Petrognola (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Roberto Giannarelli (Birrificio La Petrognola), la "100% Farro" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.


Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Birrificio Lambrate (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme ai ragazzi del Lambrate,la "Bricola" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Brouwerij Boelens (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Kris Boelens(Brouwerij Boelens), la "Balzello" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.



mercoledì 5 novembre 2008

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Birrificio Olmaia (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Moreno Ercolani(Birrificio Olmaia), la "PVK" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.

martedì 4 novembre 2008

Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Achilles Brouwerij (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Achiel Van de Moer (Achille Brouwerij), la "Serafijn Gran Cru" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.



Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Birrificio Montegioco (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Riccardo Franzosi (Birrificio Montegioco), la "Mummia" durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.



Villaggio '08 - Laboratorio degustazione Brasserie de Cazeau (video)

Kuaska, Joris Pattyn e Schigi presentano, insieme a Laurent Agache (Brasserie de Cazeau), la Saison de Cazeau durante i Laboratori di degustazione del Villaggio della Birra 2008.

lunedì 3 novembre 2008

“ Le birre innovative degli america’s beer poets”

Pubblichiamo un primo report su un laboratorio di degustazione a cui abbiamo partecipato durante il Salone del Gusto. Ci stacchiamo per un momento dal Belgio raccontandovi “ Le birre innovative degli america’s beer poets”.

(Salone del Gusto 2008; Laboratorio di sabato 25 ottobre, condotto da Charlie Papazian e Kuaska). Report di Alberto Laschi

Carlie Papazian (qui a sx, foto da www.siouxcityjournal.com), l’ex ingegnere nucleare armeno attualmente residente negli USA a Boulder (Colorado), fondatore (1979) della Brewers Association, Kuaska e Luca Giaccone: questi gli attori principali del laboratorio incentrato sulla scoperta delle nuove birre artigianali americani, quelle più inusuali, più particolari, più “poetiche”, come il titolo stesso del laboratorio faceva presagire.

E sono state proprio birre “dell’altro mondo”, sia in senso geografico che in senso gustativo: spesso estreme, alcune spiazzanti, una in lattina (!), ma tutte con una vena di sana follia. Com’è sanamente folleggiante l’ambiente americano dei birrificatori artigianali, non del tutto marginale all’interno del mercato dei consumi birrari USA, nel quale rappresenta un buon 5% (così come lo stesso Papazian ha raccontato ai presenti). Interessantissimo anche il breve preambolo che Papazian ha fatto precedere alla degustazione, nel quale ha delineato a grandi linee l’evoluzione produttiva della birra artigianale in USA, e la filosofia che ci sta dietro. Innanzitutto: gli americani hanno studiato, e dal 1980 al 1990 (circa) hanno prodotto birre ricalcando “filosoficamente” gli stili birrari ormai più che strutturati nel Vecchio Continente, ma rivisitandoli, attraverso l’uso di materie prime autoctone e non proprio affini a quelle usate in Europa. E il trend è continuato dalla metà degli anni ’90, con la produzione di birre molto alcoliche, estreme, molto maltate, prodotte sempre mediante l’uso di lieviti e malti USA. Adesso in America si sta assistendo ad una terza fase nella filosofia produttiva: oltre all’uso generoso del luppolo in alcune tipologie produttive, adesso i brewers americani si sono innamorati anche dell’invecchiamento in botti di legno delle loro birre, pur non avevano ben chiaro, all’inizio almeno, quale sarebbe stato l’esito di tale procedura. Lapalissiana in questo senso l’affermazione di Papazian stesso: “gli americani adesso stanno raffinando i propri processi produttivi; adesso hanno un’idea abbastanza precisa di dove vogliono arrivare, anche se non l’hanno ancora scritta”. Il loro è uno working progress.

Passando alla “lista” vera e propria delle birre proposte in degustazione, la prima (di una lunga serie di salti gustativi ed alcolici) è stata la Samuel Adams Chocolate Bock della Boston Beer Company, una dunckler bock di 5,5° prodotta una volta l’anno grazie alla collaborazione con il mastro cioccolataio svizzero Felchlin. Buona birra, leggera seppur corposa, prodotta con il cacao del Nord della Bolivia. Come ha detto Kuaska, un “buon esempio semi-artigianale di una produzione semi-industriale”.

La seconda è stata la Dogfish Head Palo Santo Marron della Dogfish Head Brewery di Milton (Delaware), una scura American strong ale di 12°, invecchiata nelle botti di legno paraguayano di Palo Santo, duro e resinoso. Ed è stata very strong, questa birra, molto fruttata e resinosa, calda e riscaldante.

Si è poi proseguito con la Stone 08.08.08 Vertical Epic Ale della Stone Brewing Co. di Escondido (California), una golden belgian ale di 8,4°. Birra celebrativa della Stone Brewing, l’equivalente americano di ciò che Teo del Baladin è per l’Italia (parole di Kuaska), floreale e fruttata con un tocco resinoso dato dall’uso di luppoli americani.


E’ stata poi la volta della Oak Aged Yeti Imperial Stout della Great Divide Brewing Company di Denver (Colorado), una imperial stout di 9,5°: parole di Papazian, “non se ne può bere molta, anche se assalta i sensi in modo confortante”, ed è effettivamente una di quelle birre da bere prima di andare (subito dopo) a letto.

La Left Hand di Logmont (Colorado) ha poi proposto la Smoke Jumper , una smoked di 9,8° che ha fatto la gioia di tutti i presenti appassionati di birre affumicate. Prodotta solo ogni 2 anni, facendo affumicare sul fuoco di 5 legni diversi il malto necessario, ha corpo e carattere (sembra speck liquido); Giaccone l’ha definita “una birra senza spigoli”.


La più “strana” è stata la Maui Brewing CoCoNuT Porter della Maui Brewing Company di Lahaina (Maui), una porte di 5,7°, in lattina. Facile da immaginare la sorpresa dei partecipanti di fronte ad una birra servita in lattina ad un laboratorio di degustazione, ma Papazian ne ha chiarito subito il perché; a parte il fatto che ad oggi la tecnologia produttiva dell’alluminio ha fatto progressi notevolissimi, e la birra non è più a contatto con l’alluminio stesso della lattina “salvandosi” quindi dall’effetto metallico nel gusto che poteva derivarne, i produttori dell’isola di Maui hanno fatto una vera e propria scelta ecologica. L’alluminio si smaltisce molto meglio del vetro, e anche farlo arrivare nell’isola è molto meno dispendioso del vetro. A parte questo, per chi piace il cocco questa birra è la morte sua, per chi piace la birra, questa è la morte sua (della birra).

Si è finito poi con la Goose Island Bourbon County Stout della Goose Island Beer Company, Chicago (illinois), una imperial stout di 13°, birra celebrativa del 1000° lotto di birra prodotto, invecchiata in barili dove prima era passato a stagionare il bourbon. E in questa birra di whisky ce n’è rimasto molto, è sicuro. E’ una birra con la quale il mastro birraio ha voluto ringraziare i clienti per la loro fedeltà nel consumare le proprie birre, un vero e proprio regalo.



Bella filosofia, birre impegnative, non sempre di facile bevuta, sicuramente non banali; difficili, ma non eccentriche né stravaganti. Non è impossibile, quindi, produrre prodotti “estremi” senza renderli imbevibili: qualcuno, in Italia, dovrebbe buttarci l’occhio e prendere appunti ….

AL

domenica 2 novembre 2008

Villaggio della Birra 2008..youtubbizzato

Iniziamo la divulgazione dei video realizzati durante il Villaggio della Birra 2008 da Stefano Botto. Intanto il nostro "Promo"con i commenti finali di alcuni birrai sull'evento..successivamente pubblicheremo i singoli Laboratori di degustazione guidati da Kuaska e Joris Pattyn.


Abbiamo aggiornato anche l'home page del sitoweb http://www.villaggiodellabirra.com/


sabato 1 novembre 2008

technorati

Technorati Profile