martedì 11 settembre 2007

I Trappisti e le birre - Parte 1

©Alberto Laschi

Lavora, consuma, crepa”..“ora et labora”


Le due anime, perennemente in contrasto o in rotta di collisione, della vita dell’uomo: la deriva consumistica dell’esistenza, l’esistenza da consumarsi in una dimensione più strettamente spirituale, in cui il lavoro è solo un mezzo di sostentamento, e non di arricchimento. Il monachesimo ha incarnato da sempre nel contesto della cultura occidentale la prospettiva di vita più prettamente spirituale, di preghiera e contemplazione, mai separata però dalle incombenze pratiche della vita, ivi compresa quella di lavorare per sostentarsi autonomamente e non essere di peso a nessuno. In questa prospettiva generale si contestualizza la presenza della produzione birarria monastica. La birra che fa parte della tradizione produttiva locale di alcuni monasteri, che storicamente ne ha sempre costituito una delle attività di sostentamento principale e che fa comunque parte del dettato originario della regola costitutiva di queste famiglie religiose.
Il breve excursus storico che verrà qui di seguito vuole semplicemente aiutare a capire le ragioni, le dinamiche, la progressione nella “fabbricazione” di un bene dalla storia ormai millenaria ma che non finisce tutt’oggi di essere apprezzato. Una storia che inizia agli albori del monachesimo cristiano (II – III sec. d.C.) e si conclude con le birre trappiste del Belgio, passando dai padri Benedettini ai monaci Cistercensi.

1. Gli albori del Monachesimo: S. Antonio Abate e Pacomio

Il monachesimo, fin dal suo nascere in Medio Oriente nel IV secolo d.C. con Antonio il Grande, Pacomio e i Padri del deserto, ha sempre assolto alla funzione, nel cristianesimo orientale ed occidentale, di ricordare a tutti che il fine ultimo dell’esistenza di ogni uomo è vivere in maniera radicale il rapporto con Dio; di conseguenza ogni attività (compresa quella lavorativa) va esercitata come atto d’amore vero e radicale verso Dio.
E’ stata una scuola dura, quella del monachesimo (dal greco  “solitario”, della stessa radice verbale di "diminuisco, restringo”), avviata dalle radicali scelte ascetiche di quei monaci che in Egitto, Siria e Palestina abbandonarono completamente il mondo per rinchiudersi nella solitudine dell’eremo (dal greco : “solitario, deserto”, ma anche “essere o star quieto”), o si riunirono in conventi o cenobi (nome composto, dal greco :”in comune” e “vita”) per percorrere insieme il tratto di strada che li avvicinava alla pienezza di vita con Dio.
Fondatore del monachesimo cristiano di stampo eremitico è Sant’Antonio Abate (251? – 356 d.C.), eremita egiziano, che per primo diede vita a famiglie di monaci eremiti che sotto la guida di un abbà (“padre”, da qui il termine abate) consacrarono la propria vita a Dio. Famoso ancora oggi fra la gente comune, sotto la sua protezione vengono posti tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco, in onore alla tradizione che narra del fatto che S. Antonio si sarebbe recato addirittura all’inferno per contendere le anime dei peccatori a Satana. Grande la sua fame di guaritore potente, a tutt’ oggi è considerato il protettore degli animale domestici. Il santo viene spesso raffigurato con accanto un maiale che porta al collo una campanella: questo perché i monaci del suo ordine avevano il permesso di tenere maiali all’interno dei propri conventi (che erano allevati a spese della comunità e andavano in giro con una campanella al collo per distinguerli), il cui grasso veniva impiegato per ungere il corpo dei malati colpiti dall’ Herpes zoster (o fuoco di sant’Antonio), allora conosciuto comunemente con il nome di “male degli ardenti”.
San Pacomio (292-348) è unanimemente considerato il fondatore del monachesimo cristiano cenobitico; militare egiziano convertitosi al cristianesimo in età adulta, fonda diversi monasteri maschili e femminili, redigendo la più antica regola di vita comunitaria ad oggi conosciuta, e alla quale tutti gli ordini religiosi monacali dell’Occidente e Oriente cristiani hanno fatto riferimento. La Chiesa cattolica ne celebra la memoria liturgica il 9 maggio, quella ortodossa il 15 maggio. Il suo luogo della sepoltura è sconosciuto, poiché sul letto di morte si era fatto promettere dal discepolo Teodoro che avrebbe nascosto le sue spoglie mortali, per evitare che sulla tomba erigessero una chiesa, a imitazione dei "martyrion" o cappelle erette sulle tombe dei martiri.

2. San Benedetto e l’ordine benedettino

L’ordine dei monaci benedettini (in latino Ordo Sancti Benedicti o, semplicemente, O.S.B.), è la matrice che conferì al monachesimo occidentale la sua forma definitiva, quella che è arrivata fino a noi, pur nelle sue varie manifestazioni e ramificazioni. L’ OSB si conforma alla Regola dettata da San Benedetto da Norcia (480-547) nel 534, dopo che aveva già fondato, nel 529, il monastero di Montecassino. La Regola benedettina, in latino denominata Regula monachorum o Sancta Regula , è composta da un Prologo e di settantatré capitoli. È una regolamentazione minuziosa, particolareggiatissima, dei diversi aspetti della vita monastica, che viene organizzata intorno a quattro assi portanti,i quali, impegnando costantemente il monaco, avevano (e hanno) lo scopo di tenerlo lontano dalle tentazioni e farlo progredire nella santità: la preghiera comune, la preghiera personale, lo studio (non solo delle Sacre Scritture ma anche della scienza e delle arti) e il lavoro. Da qui la semplificazione, oggi ancora molto conosciuta, nel motto benedettino “ora et labora”.
Al di là del ruolo fondamentale che l’ordine svolse (e svolge ancora) all’interno del cammino spirituale della Chiesa, i benedettini svolsero anche una imponente funzione culturale all’interno della società a loro contemporanea, tanto che Carlo Magno affidò all’ordine il compito di organizzare sul territorio un sistema regolare di istruzione; senza contare il valore inestimabile del lavoro di ricopiatura e miniatura dei testi che tutte le comunità benedettine hanno svolto in tutta la loro storia e che hanno preservato dalle scorrerie barbariche quasi tutto il patrimonio librario dell’epoca. I benedettini prosperarono per tutto il medioevo, come testimoniano i circa 15.000 monasteri appartenenti all'ordine censiti prima del Concilio di Costanza tenutosi nel 1415, alcuni dei quali così grandi da ospitare oltre 900 monaci. Nel tempo i seguaci di san Benedetto crearono comunità economicamente autosufficienti e protette, tanto che in caso di necessità potevano offrire una valida difesa alle popolazioni minacciate da scorrerie barbariche sempre più frequenti nell’epoca medievale

3. La congregazione Cluniacense

All’interno dell’Ordine benedettino lungo i secoli hanno visto la luce diverse famiglie religiose, che pur nella fedeltà alla Regola, ne hanno accentuato alcuni aspetti piuttosto che altri, differenziandosi fra loro per la propria storia e le proprie attività specifiche. Un ramo riformato dell’OSB è quello rappresentato dalla Congregazione di Cluny, o Cluniacense, che venne istituita “ufficialmente” il 2 settembre 909. In quell’anno Gugliemo I, duca d'Aquitania, donò la villa di Cluny (nella zona francese oggi chiamata Saone et Loire), mettendola subito sotto la diretta autorità di Papa Sergio III, a Bernone, allora già abate di Baume nell’Alta Savoia, affinché potesse fondarvici una comunità di 12 monaci sotto la regola di San Benedetto. L'abate Bernone caratterizzò la vita del monastero secondo i principi della riforma redatta dal monaco benedettino Benedetto d’Ariane, che insisteva soprattutto nel dare più importanza all'ufficio divino e al lavoro, ridimensionando l'applicazione agli studi. Fu però sotto l'abate Odone che la regola, detta cluniacense, fu adottata, oltre che a Cluny, anche da altri monasteri, che formarono intorno a Cluny una vera e propria “federazione monastica” di priorati autonomi sotto la comune guida dell'abate di Cluny (chiamato il “prior abbas”) che, parificato ad un vescovo, rendeva conto del proprio operato direttamente al Papa. A soli due secoli dalla fondazione, nel XII la congregazione cluniacense contava già oltre duemila priorati. Molti papi e legati pontifici escono da Cluny, che per un periodo abbastanza lungo diventa un vero e proprio faro di civiltà e tradizione religiosa; allo stesso tempo però l’enorme ricchezza che l’ordine riuscì ad accumulare attraverso un’ oculata amministrazione dei propri beni e delle proprie attività, ne minò le basi spirituali. Nonostante infatti i numerosi tentativi di disciplinarsi al proprio interno, con richiami pressanti e specifici alle norme basilari della Regola , l’Ordine non riuscì a preservarsi da un generale rilassamento, e dall’accusa di detenere un potere temporale eccessivo. Per questo l'ordine di Cluny perdette gradualmente di influenza spirituale; e come spesso succede nella storia, quando un’ autorità religiosa e spirituale entra in crisi, quasi automaticamente si determina la nascita (in questo caso fra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII) di nuovi movimenti spirituali che intendono prenderne il posto, rivitalizzandone lo spirito religioso originario. In quel periodo infatti videro la luce nuovi ordini ispirati ad un ideale sempre più radicale di povertà e austerità : i Premonstratensi, l’Ordine Certosino, l’Ordine Cistercense (quello che più ci “interesserà” per la sua relazione con la produzione delle birre).

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