martedì 26 febbraio 2008

Adelardus Tripel



Birra brassata dal 1 maggio 2005. Ottimo esempio di triple belga, giovane nella struttura e morbida nel corpo. Ha schiuma abbondante e dalle bolle molto grosse, lascia un po’ di merletto sul bicchiere quando svanisce. Ha colore biondo brillante, e naso fresco di frutta e fiori bianchi, leggermente miele e un tocco finale di malto e frumento. Ha corpo rotondo, ma veramente snello per essere una triple di così importante contenuto alcolico, va giù che è un piacere. Anche qui si notano sentori fruttati e maltati, con un tocco di miele che riscalda il palato. Finisce morbida e delicata, con un finale discretamente lungo. Alc.9% vol ©Alberto Laschi

Adelardus



Il nome di questa birra fa riferimento ad un “famoso” abate dell’abbazia di St. Truiden, benedettina, fondata nel VII secolo da San Trudo. Birra dal colore marrone scuro; testa di schiuma marrone spessa che però si dissolve molto rapidamente. Il naso è fresco, non molto ricco, con note spiccate di cioccolato, nocciola, molto sciroppose, con un finale tenue di liquirizia Il corpo di questa birra è ampio, riempiente, quasi gommoso, sicuramente morbido. Inizia un po’ metallica, per poi allargarsi in note di malto caramellato, sciroppo dolce, con un finale leggermente astringente di liquirizia. Alc.7% vol ©Alberto Laschi

Winterkoninkse


 
Il nome si riferisce alla parola fiamminga usata per descrivere il piccolo uccellino raffigurato sull’etichetta, che significa “re dell’inverno”. Durante la fermentazione vengono aggiunte al mosto delle bacche di ginepro. Birra dal colore ambrato scuro, un po’ nuvolosa, testa di schiuma abbondante all’inizio, poi scompare gradata-mente lasciando i famosi merletti sulla superficie del bic-chiere. L’aroma è complesso ma molto attraente: si va dall’aroma di frutta candita e ribes, alla ciliegia, a quel-lo un po’ più astringente dell’uva passa; in fondo appare l’abboccato del malto con sentori finali un po’ sciropposi e un’idea di caffè. Di frizzantezza media e molto equili-brata, rivela anche al palato la sua complessità piacevo-lissima:dopo una sensazione iniziale molto particolare, un misto fra lo “sciroppo”, le prugne, il malto e il caffè, quindi morbida, la birra si rivela poi asciutta e dissetan-te, con un misto di sentori di noci, spezie, terra e luppolo. Il tutto in un equilibrio ammirevole. Alc. 8,3% vol ©Alberto Laschi

Kerkomse Tripel



Ottima triple, dal sapore particolarmente accattivante, con un mix quasi perfetto fra la “struttura” maltata e il luppolo in aggiunta, cosa non frequente, soprattutto in una triple. Bella schiuma bianca, all’inizio molto vaporosa, che poi svanisce abbastanza rapidamente, anche in conseguenza della consistente gradazione alcolica; aspetto dorato carico abbastanza brillante. Naso all’inizio fruttato (quasi agrumato), poi si evolve nelle note morbide e calde del malto, del biscotto, del caramellato per aprirsi nel finale ad un certo sentore luppolato. Anche il copro all’inizio è morbido e avvolgente, con le note abboccate del malto tostato, del caramello, che si uniscono al sentore agrumato già presente nell’aroma, e al luppolo, che fa del finale di questa birra un bell’esercizio di freschezza e asciuttezza. Morbida, ma anche dissetante. Alc. 9% Vol ©Alberto Laschi

Bink Bloesem



Altro buon prodotto di questa ottima brewery. Birra dal bel colore ambrato carico, leggermente opaco; testa di schiuma morbida e cremosa, che rimane abbastanza persistente. Ha naso ricco, che inizia con note pungenti e speziate, per finire secco e asciutto, quasi erbaceo, con note di frutta bianca matura. Ha corpo rotondo e morbido, in cui vengono subito alla luce le note tanniche e terragne, quasi legnose. Si avvertono poi il miele (produzione locale) e il sapore di frutta matura (le pere raffigurate nella etichetta), per finire con un vago sentore di frutta secca, che la rende asciutta e ripulente. Molto buona con carne di maiale e formaggi freschi e cremosi. Alc. 7,1% vol ©Alberto Laschi

Bink Bruin



Birra dal bel colore marrone con riflessi rossastri, sotto un bello strato di spuma cremosa e persistente. L’odore è del malto arrostito, del pane scuro, con alcune note di caffè e cioccolato, buono ma non particolarmente penetrante. Di corpo abbastanza snello, senza essere sfuggente, al palato si avvertono subito alcune note leggere di luppolo che la rendono subito asciutta e pulita; intervengono poi sapori maltati, di frutta scura e matura, con alcuni richiami legnosi e terragni. Non è una birra che si caratterizza per un gusto o una notazione particolare, ma rimane piacevolmente impressa per la sua omogeneità ed equilibrio, molto beverina. Assaggiata con formaggi mediamente stagionati e caprini, ottima. Alc. 5,5% vol ©Alberto Laschi

Bink Blond



Birra speciale dal colore dorato opacizzato, caratteristica della non fermentazione e di un po’ di lievito in sospensione. Testa cremosa di schiuma, compatta all’inizio ma dissolta con abbastanza rapidità. L’aroma è essenzialmente luppolato all’inizio, secco ed asciutto, leggermente speziato, con un un sottofondo di amarezza floreale e di lievito. Il corpo è rotondo e parte molto secco e astringente, sia per il luppolo che per le note agrumate del pompelmo, che non la fanno però virare eccessivamente sull’amaro, perché la sensazione finale che lascia è quella di asciuttezza ma anche di morbidezza diffusa. Nell’insieme una birra godibilissima ed equilibrata. Alc. 5,5% vol ©Alberto Laschi

Kerkom Brouwerij




La storia della Brouwerij Kerkom ha inizio nel 1878 con il matrimonio di Evaristo Clerinx con una figlia di un mastrobirraio della zona. Studente al secondo anno di medicina, Evaristo smette per dedicarsi unicamente alla sua piccola Birreria. Dopo un periodo di chiusura durante le due guerre mondiali Jean Clerinx, discendente del fondatore rinizia la produzione di birra nel 1952 ma è costretto a chiudere di nuovo nel 1968 visto il successo di altre birre, le pils, che invadono il mercato..Andato a lavorare in un'altra birreria del Limburgo, Jean nel 1988 decide di provare a rilanciare la sua birreria..Nasce la Bink; il nome deriva dal soprannome di un abitante di Sint Truiden..


   

Nel 1999 Jean si ritira lasciando la gestione al giovane Marc Limet e sua moglie Marina Siongers. All’interno della fattoria di Kerkom, nel bel mezzo della campagna limburghese, Marc e Marina dedicano la loro vita alle loro birre..qui vivono, brassano e il fine settimana aprono le porte alle moltissime persone che affollano il piccolo bar all’interno della birreria per degustare la luppolata Bink Blond e le altre birre di Marc. Se la tendenza delle grandi aziende birrarie è aggiungere zucchero e stravolgere i metodi di produzione tradizionaler per andare incontro ai gusti “globali” (dolcezza e alcoolicità), Marc fa un’opera di recupero tradizioni. Da homebrewer si getta nella “mischia”, prende il suo tempo, prova le ricette e crea le sue birre..non usa derivati di zuccheri per aumentare l’alcool e non usa prodotti artificiali per aromatizzare le sue birre.


Heerenbier



Birra non prodotta con regolarità.
Buona birra, abbastanza forte ma molto beverina, non appesantita dall’alcool. Schiuma fine abbastanza persistente, colore bruno velato per la non filtrazione. Aroma ricco di malto ma anche di sentori “vinosi” e tannici. Corpo rotondo, robusto, m nonn pesante, con note terragne un po’ astringenti che contrastano con la morbidezza di fondo del malto. Il tutto si compone in un gradevole equilibrio che si fa apprezzare al palato. Finisce discretamente lunga. Alc. 8% vol ©Alberto Laschi

Waaslander




Nuovo, ottimo esempio di biere blanches, nella “categoria” delle birre asciutte e ripulenti. Bel colore dorato, con marcata velatura per la non filtratura; schiuma cremosa ed abbondante, lungamente persistente. Il naso è ricco, molto ricco e “croccante”: ha sentori asciutti di spezie e lievito, qualcosa di fruttato e citrico (sembra quasi pompelmo) e una sensazione generale di fresco e apulito. Ha corpo snello e frizzantezza accentuata, con una sensazione generale di freschezza e bevibilità: ha note secche e terragne, molto legnose, note speziate molto calcate, con il lievito in evidenza.. Non è citrica nel gusto, ha un equilibrio generale invidiabile e un finale lungo e persistente: veramente una bella blanche. Alc. 5,5% vol ©Alberto Laschi

Waase Wolf



La birreria la qualifica come birra di frumento, ma le note di gusto non mi sembrano improntate a questa caratteristica. Schiuma abbondante all’inizio, e cremosa, ma poi svanisce abbastanza rapidamente; colore dorato carico abbastanza opalescente. Naso ricco e attraente, con sentori di malto, sentori terragni quasi ferrosi, con note speziate nel finale. Corpo rotondo ed asciutto, molto beverino, con forte connotazione di gusto terragno e leggermente vinoso, che sembra essere il marchio di fabbrica di queste birre. Con molto lievito sedimentato e quindi molte note di gusto legate a questo aspetto, è mediamente luppolata e mediamente frizzante, con note finale di mela matura, o comunque frutta matura, e confettura. Finisce mediamente lunga, astringente nel finale. Alc. 6,5% vol ©Alberto Laschi

Pa-gijs



Nel 1798 ci fu in Belgio una guerra denominata De Boerenkrijg, che significa la “guerra dei coltivatori”; in ricordo di questa guerra a Overmere è stato eretto un monumento denominato l' ”en Gijselinck di Pauw”, il cui nome èstato accorciato dalla gente “en Gijs di PA”. Questa birra è stata creata in memoria di questa guerra.
Birra dal bel colore marrone rossastro; bella la testa di schiuma iniziale, che però si dissolve rapidamente. L'aroma è piccante con una sensazione di uva passa e di qualcosa come di bagnato (terra, legno); l’alcool è molto in evidenza. Il corpo è rotondo e non eccesivamente consistente, morbido e costante, con sentori speziati e buoni luppoli. La sensazione predominante è quella della liquirizia, con un retrogusto finale medicinale. Buona birra, parte dolce e finisce morbida e dissetante, con un buon carattere luppolato del finale. Alc.8% vol ©Alberto Laschi

Bieken



Birra dal colore oro vecchio, abbastanza torbida, dalla testa bianca molto nebbiosa e sottile, che svanisce dopo non molto tempo. Aroma che si sprigiona potente all’apertura del tappo, e che mostra subito note di pane lievitato, miele, e aroma fruttati astringenti come di pompelmo ed ananas, con un sottofondo erbaceo latente. Al palato la prima sensazione è morbida e leggermente acidula, con la frizzantezza che non disturba ma completa perfettamente. Non si sentono troppo i gradi alcolici, la sensazione amarognola del miele prende il sopravvento, insieme a note di lievito che si mantiene in sospensione. Sensazione generale di acidità leggera, ma anche di freschezza diffusa, con le note citriche piacevolmente presenti ed integrate nel corpo rotondo ma strutturato. Buona la fine corsa della birra, asciutta e rinfrescante. Alc. 8,5% vol ©Alberto Laschi

Antoon



Birra bionda dal corpo leggero e dalla schiuma fine, scarsa e poco persistente. Ha colore biondo chiaro, aroma abboccato di malto e di frutta matura. Corpo relativamente leggero, anche se rotondo e ben strutturato. Lascia una buona impressione di morbidezza e di rotondità anche il finale, abbastanza lungo ed equilibrato. Alc. 6% vol ©Alberto Laschi

Cuvèe De Koninck Spec. 2000



Spuma fine e non molto persistente, aspetto limpido e color ambrato carico. Al naso si apre con note abboccate con una percezione abbastanza netta anche dell’alto contenuto alcolico. Robusta di corpo, abbastanza strutturata, prevalgono comunque le note maltate, con uno squilibrio però nell’evidenza della parte alcolica. Finisce abbastanza lunga, con ancora evidente nel retrogusto la componente alcolica. Alc. 8% vol ©Alberto Laschi

Cuvee De Koninck



Di color rame è preparata con una infusione diretta in una vasca di ghisa di tutto malto, ha il gusto e l’aroma del luppolo Saaz, è fermentata a caldo e stabilizzata a freddo. Produce una densa spuma, sottile e secca ha un eccellente equilibrio, note di pane tostato, calmante e dissetante. Alc. 8% vol. ©Alberto Laschi

Winter Koninck



Birra invernale molto, molto buona. Bel colore ambrato e schiuma ricca e morbida. Aroma che alterna note morbide di malto ad altre note più spiccate, quasi speziate. Corpo rotondo e snello, la componente alcolica si avverte ma non prende il sopravvento. Gusto morbido di malto che nel finale però si trasforma, rilasciando nettamente note erbacee e di fieno maturo. Finale denso ed equilibrato, lungo. Alc 6.5% vol ©Alberto Laschi

De Koninck



Adoprato solo malto e luppolo Saaz. Carattere spiccatamente maltoso e un fruttato segnato dal lievito. Gusto rinfrescante di lievito, speziato di cannella. Produce una densa spuma, sottile e secca, ha un eccellente equilibrio, note di pane tostato. Dissetante alc.5% vol ©Alberto Laschi

Brouwerij De Koninck




Chiedere ai cittadini di Anversa di descrivere la loro città in poche parole significa sentirsi dire: lo Schelde, lo Zoo, la Cattedrale e un Bolleke (il tradizionale bicchiere dove viene servita la De Koninck) di De Koninck'.

La storia della Brouwerij De Koninck ha inizio nel 1827, quando Joseph Henricus De Koninck acquistò la Taverna 'De Plaisante Hof', locale che sorgeva sul confine tra Anversa e Berchem. La mano che compare nel logo fa riferimento alla pietra che segnava il confine fra le due città, sul quale era scolpita una mano. Questo “scultura” è ancora visibile ancora oggi di fronte alla Birreria.

Joseph Henricus De Koninck morì molto giovane, e la sua vedova, Elisabeth Cop si risposò nel 1833. Il suo secondo marito Johannes Vervliet decise di trasformare la Taverna in un birrificio , chiamandolo "Brouwerij De Hand", riprendendo il nome da quel segnale su cui era scolpita una mano.

Nel 1845 Carolus De Koninck, il figlio maggiore da Elisabeth del primo matrimonio, rilevò l'azienda. Nel 1912 la "Brouwerij De Hand" cambiò il nome in’Brasserie Charles De Koninck ", gestita da Florent van Bauwel. Dopo la prima guerra mondiale la birreria riaprì grazie all’inserimento di Joseph Van den Bogaert.

Joseph Van den Bogaert proveniva da una nota famiglia di tradizione brassicola di Willebroek e come laureato in scienze agricole aveva tutte le carte in regola per puntare al rilancio del Birrificio. La “De Koninck” incominciò effettivamente ad aumentare produzione e fatturato entrando nella cultura dei cittadini di Anversa, i quali associano la loro birra alla città.

Oggi la Brouwerij De Koninck è gestito dai due nipoti di Joseph: Bernard e Dominique Van den Bogaert, che ne garantiscono il carattere familiare ed artigianale, producendo una birra ad alta fermentazione robusta, cugina prima delle Altbier di Dusseldorf e parente più lontana delle ale inglesi.



lunedì 25 febbraio 2008

‘T smisje Kerst



Bello il colore di questa birra, sul confine fra l’oro antico e il rame molto opalescente; bella anche la schiuma, morbida e cremosache lascia bei merletti sulla parete del bicchiere. Complicata però questa birra. Innanzitutto è un bel cazzotto: 11° ci sono e ci si sentono tutti, va domata e non ci si mette poco. Il naso è ricco: c’è il malto, il caramello, un che di rustico e terragno e l’idea del lievito, unito ad un pizzico di spezie (coriandolo?). Il palato è aggredito poi dalla robustezza e dalla potenza alcolica di questa birra: va presa a piccoli sorsi, ognuno dei quali traccia un solco e riscalda. E’ potente e massiccia, gommosa e appiccicosa anche al gusto, riempie di calore e sazia. Ha note forti di malto, zucchero e miele, rustica di lievito e spezie, sicuramente granulosa per la non filtratura. Un tocco finale di frutta rossa la rende ancora più complessa, di non facile beva. Per chi si vuol divertire a resistere alle ondate di sapore, per chi ha il fisico e il palato educati e allenati. Alc. 11% vol ©Alberto Laschi

 

‘T Smisje blond



Orribile, o quasi. Una birra esageratamente amara, volutamente esagerata perché poi, di fatto, è anche ben costruita. Il luppolo con il suo amaricante la pervade in tutto il suo gusto, mentre risulta poco riconoscibile al naso. Non so se i fiori di tiglio che i produttori affermano essere presenti nella cotta contribuiscono a questo esagerato amaro, non chiaramente definibile se erbaceo o luppolato, perché la sfumatura va poi sul medicinale. Resta bello il colore di questa birra, dorato opalescente, per la presenza di lievito nello sversamento; la schiuma è fine e poco persistente, la frizzantezza accentuata, la corsa breve. Alc.6% vol ©Alberto Laschi

‘T Smisje Fiori


Lochristi, cittadina belga famosa per la produzione di fiori, è molto vicina alla brouwerij; forse da questo il nome della birra, anche perché di fiori “dentro” questa birra non ne sento molti. Birra ad alta fermentazione, frutto (non definitivo) di 4 esperimenti di produzione, assomiglia, per il suo essere un po’ “estrema”, agli esperimenti della Fantome. Ha un bel colore dorato, al confine con l’ambrato, e una schiuma fine, corposa e abbastanza persistente, e una bella dose di lievito in fondo alla bottiglia. E’ il naso che subito spiazza: un insieme di luppoli, spezie, malto appena cotto (assomiglia davvero l’odore alla prima cotta del mosto)e una sensazione di “terra”, muffa molto saturante. Troppo, e non molto raffinato. Il corpo è robusto, ma la birra sembra essere più leggera di quello che in realtà è, la frizzantezza molto accentuata. Il gusto è un po’ un punto interrogativo: si sentono ad ondate il lievito acidulo, il luppolo secco, sicuramente un tocco speziato (ma di “origine” sconosciuta) un sottofondo terragno, rustico, e un finale citrico, molto “limonato”. Troppi sapori, troppi mescoli per una birra che non si caratterizza per qualcosa, ma aggiunge solo sapore a sapore. Fantome si sbizzarrisce meglio. Al. 7% vol ©Alberto Laschi

‘T smisje Halloween



Altro “colpo gobbo” di questa brouwerij, che associa alla fantasia compositiva nel brassare le materie prime una indubbia conoscenza tecnica del produrre, dando vita a prodotti originali ma non stravaganti. Questa birra brassata “ufficialmente” per la festa di Halloween annovera fra i suoi componenti la polpa e i semi di zucca, che le danno una morbidezza di fondo senza conferirle una dolcezza stucchevole. Di potente gradazione alcolica, ha colore dorato molto opalescente, impenetrabile, scarsissima schiuma e un aroma morbido e avvolgente di malto, zucchero e un leggero tocco speziato. Ha corpo rotondo e avvolgente, caldo, di lunga corsa, con la componente alcolica, seppure importante, molto ben distribuita lungo tutto il percorso gustativo. Finisce delicata, leggermente erbacea. Alc. 10,5% vol ©Alberto Laschi

Sleedorm




Birra speciale, alla frutta, con aggiunta nel grassaggio di prunus spinosa (la prugna selvatica).
Ha un colore più che ambrato rosato (ricorda la Chuoffe Royal), con schiuma croccante e friabile, che svanisce rapidamente. Ha naso ricco, attraente, con evidente l’aroma di frutti selvatici rossi e astringenti (fragoline di bosco?); il risultato è un aroma che associa note ricche di dolciastro e allo stesso abbastanza rustico da ripulire il naso. Il corpo è complesso, rotondo e poi subito astringente: funziona cole il naso, dall’abboccato al terroso e ferroso, stringente e ripulente. Bella prova. Alc. 6% vol ©Alberto Laschi


‘ T smisje Dubbel



Brassata soltanto durante i mesi invernali con 4 tipi di malto, 2 tipi di luppolo, zucchero candito, miele prodotto dalle api della birreria e datteri freschi Matura in almeno 6 mesi.
Altra ottima prova di questa microbrouwerij, con questa dubbel nello stile delle abbey beers belghe. Colore tonaca di frate, schiuma dalle bolle grosse e abbastanza persistente. Il naso è ricco, fragrante, di malto tostato, caldo di miele, e frutta. Anche il gusto non delude: ha corpo rotondo, “corposo”, molto carbonato, con la nota astringente del luppolo e della frutta secca che la rende asciutta nel finale, ben costruito e appagante. Un’altra bella prova di questa birreria artigianale. Alc.9%vol ©Alberto Laschi


‘T smisje bbbourgoundier



Birra scura belga brassata con 3 diversi tipi di malto, due tipi di luppolo, zucchero candito chiaro e scuro, valeriana, melissa e fatta maturare il doppio del tempo rispetto ad una birra classica.
Ottimo esempio di belgian strong ale, che “nasconde” splendidamente la sua corposissima gradazione in una bevibilità e godibilità estrema. Ha colore tonaca di frate, scura, ma non impenetrabile, schiuma cremosa ma di breve persistenza. Naso ricco, rotondo, avvolgente di malto e zucchero candito, ma nche abbastanza floreale, con note di fiori bianchi maturi. Ha corpo avvolgente, caldo al primo impatto, ma che sviluppa poi una sorprendente frizzantezza e asciutteza finale, che ripulisce a meraviglia il palato. Invoglia sorso dopo sorso, e non risulta aggravante la parte alcolica. Alc. 11% vol ©alberto Laschi


Vuuve



Birra belga brassata secondo il metodo tradizionale di brassaggio delle wit belghe cioè utilizzando malto di orzo (60%), grano(40%), luppolo, coriandolo e scorze di arancia biologica. A differenza delle classiche wit belghe non è torbida ma chiara e limpida. Non un gran che, dalla schiuma fine e non molto persistente, con aroma improntato all’agrumato e speziato (si sente molto il coriandolo). Anche il palato è abbastanza “svelto” e sommario, con i gusti classici delle wit aromatizzate: buccia d’arancia, un che di citrico, spezie e coriandolo, ma senza dare un’impressione di organicità. Fuggevole anche il finale. Alc.5% vol ©Alberto Laschi

‘T Smisje Triple



Birra ad alta fermentazione, rifermentata in bottiglia; una triple classica, con molte somiglianze con la WestmalleTripel, riferimento della gamma. Colore dorata-aranciato, molto ben calibrato, schiuma cremosa, corposa ed abbondante; ha naso aspro di luppolo e potente di alcool, con alcune note di frutta bianca (banane) matura, lievito e vaniglia. Il corpo è veramente massiccio, consistente, e potentemente “riscaldante”. Ha la prevalenza l’amaro, con il miele (d’acacia?) in evidenza, ci sono note maltate e di vaniglia, con il luppolo diffuso e preponderante. Forse un tocco di troppo di alcool nella corsa finale, ma nel complesso, un’ottima triple..Alc. 9%vol ©Alberto Laschi

Guido



Birra brassata in onore di Guido Gazelle, poeta belga morto nel 1899.

Bella birra dal colore tonaca di frate, dalla schiuma fine e non molto persistente, che lascia un buon merletto sul bordo del bicchiere. Naso ricco e complesso, con sentori di miele, caramello, malto tostato e lievito diffuso; il tutto ha un mix del tutto soddisfacente. Birra dal bel carattere che si caratterizza nel gusto con il caramello, cioccolato, caffè tostato e una sensazione di morbidezza diffusa dato dal malto. Il finale è sottilmente astringente e asciutto, il tocco di luppolo conclusivo ripulisce pienamente il palato. Ottimo il finale. Alc. 8% vol ©alberto Laschi


Terracotta



Buonissima birra speciale belga, dalla schiuma abbondante, compatta e cremosa, dal bel colore dorato. Limpida nell’aspetto, ha naso ricco di sentori caramellati e speziati, con una punta di luppolo. Di media frizzantezza, ha corpo rotondo ben equilibrato e strutturato, con sentori terragni molto piacevoli che si uniscono a quelli di malto tostato e frutta matura. Buon finale, piacevolmente equilibrato ed asciutto. Alc. 7% vol ©Alberto Laschi

Angelus speciale Noel 2007



Bel colore oro antico, leggermente opalescente, e schiuma che fa dell’effervescenza la propria caratteristica, e della persistenza quasi nulla la propria curiosità. Davvero, sparisce in un batter d’occhio, Il naso è consistente; il malto, l’acool, ma robusti, non tenui e vanigliati come l’anno scorso, e una sensazione generale di “infusione”, di decotto, accompagnato da sentori di frutta bianca. Molto, molto frizzante, ma anche molto molto bevibile: l’alcool c’è e si sente tutto, ma non è un alcool “caldo”, bensì robusto, si fa sentire senza lasciare la vampata. E’ rotonda, non consistente, molto fresca e fragrante, grazie anche alla spiccata frizzantezza, e lascia un palato molto pulito, senza eccessive caratterizzazioni gustative. Provata con caciocavallo podolico ragusano molto stagionato e molto piccante: ne anestetizza la sapidità in maniera splendida. Alc. 9% vol ©Alberto Laschi

La Sambresse



Birra nello “stile“ Duvel (o Judas, o giù di lì), forse la più “normale” fra le birre di questa piccolissima brasserie. Sia nell’aroma che nel gusto offre spiccate sensazioni luppolate (specialmente di fiori di luppolo) ed erbacee, di erba tagliata ed essiccata, che la rendono asciutta e tendenzialmente molto astringente. Qua e là sono “sparapagliate” note agrumate e/o citriche, che mitigano leggermente l’amarezza diffusa, insieme ad un tocco di malto caramellato che si apprezza al palato. Colore dorato carico (quasi oro antico), schiuma abbondante, croccante e non molto persistente, per questa birra che potrebbe essere quasi una saison, dalle quali però si distingue per la più elevata gradazione alcolica. 8% alc. vol. ©Alberto Laschi

Belgian Angel Stout



Birra femmina. Gentile, quasi tenue, accondiscendente, con un carattere mite. Niente a che vedere con una maschia Hercule o una robusta De Dolle Stout; si fa bere con tranquillità e si rivela con semplicità. Nera e limpida, schiuma zero, ma proprio zero, naso tostato e basta, polvere di caffè e polvere di caffè. Il corpo è liscio, beverino, molto gentile, con la sensazione assoluta di bersi un bel caffè, frizzante però. Sembra quasi di avvertire la leggera granulosità della polvere macinata e tostata. Non è difficile quindi immaginare di cosa saprà il finale di qeusta birra, corto ma equilibrato … Da bersi non a secchi, ma da assaggiare con curiosità, che sicuramente verrà ripagata. Da accompagnare a dolci al cucchiaio e da inzupparci i biscotti per il tiramisù. Alc. 5% vol ©Alberto Laschi

Angelus Brune



Birra più complessa della “sorella” bionda, egualmente ricca e soddisfacente. Ha un colore marrone scuro, quasi nero/stout, con spuma fine, non ricchissima, e mediamente persistente. Il primo sentore che sprigiona al naso è quello terroso, rustico, legnoso, che la rende rustica al primo impatto; si evolve poi con note più morbide e zuccheroso, con un tocco finale di marmellata scura. Ha corpo rotondo anch’essa, molto bevibile, con, anche qui, sentori molto decisi, di terra, quasi di minerale, di ferro, che ripuliscono subito il palato: torna poi il lievito, il malto e il caramello in successione. Birra per palati educati, che vi troveranno sicuramente soddisfazione. Alc 7% vol ©Alberto Laschi

Angelus Blonde



Birra bionda nata da una ricetta personale del mastro birraio, è un ottimo esempio di birra “rustica” e “ruspante”, che soddisfa ampiamente il palato. Ha un bel colore dorato, leggermente appannato e una bella testa di schiuma bianca, di media persistenza. Ha aroma ricco e croccante, di malto tostato, di agrumi e note floreali non labili, con una nota finale quasi “gommosa”. Il corpo è rotondo ma anche agile, molto rinfrescante e beverino; ricco di sentori rustici, quasi terragni, al primo sorso, si evolve poi morbida e avvolgente, per finire invece sulle note citriche e leggermente agrumate. Birra ricca, che incuriosisce e soddisfa. 7% alc. vol ©Alberto Laschi

domenica 24 febbraio 2008

Report sul Villaggio della Birra 2007 da "I Birranti"

Pubblichiamo con piacere il report sull'edizione del 2007 del Villaggio della Birra. Autore Marco Pasquini dell'Associazione I Birranti di Firenze.

Con largo anticipo sull'edizione 2008 (sempre meglio che dire in mostruoso ritardo sull'edizione 2007...) presentiamo questo nostro resoconto sulla giornata vissuta dai Birranti in terra senese presso Il Villaggio della Birra 2007 di Bibbiano.

Una trasferta che per la neonata associazione di "degustatori fiorentini" si prospettava molto interessante e coinvolgente. Moltissimi gli spunti d'interesse: trovare in un unico luogo produttori artigianali italiani e belgi; poterne assaggiare la produzione; conoscere Kuaska e seguirne una degustazione guidata. Motivi sufficienti mettersi in marcia alle porte di Firenze in una generosa domenica di sole di settembre. Per un ciclista come me percorrere le rotte che di lì a poco avrebbero ospitato l'Eroica, cicloturistica manifestazione con biciclette e vestiti d'epoca, è stata una vera emozione. E ancora emozionante è stato avere l'impressione di perdersi nella campagna senese, come se fosse un film di Monicelli, e, all'improvviso, trovarsi in un'oasi che offre solo birra.

I Birranti, ligi al loro status, hanno subito cominciato a delimitare il campo: qui si beve, qui forse si mangia lì ci si siede e si ragiona (forse...) in attesa della degustazione di Kuaska. Sotto il tendone dell'ospitalità lunghi tavoli accolgono i vari commensali, tra i quali campeggia lo striscione dell'Ars Birraria. Incontriamo anche Nicola Utzeri, editore di Fermento Birra.

Ma il centro del mondo è vicino alla rustica struttura che ospita il TNT Pub (menzione d'onore all'opera di Max Bunker e Magnus).

Ristretti in pochi metri quadrati abbiamo il più alto concentrato di produttori artigianali e belgi con i loro spillatori e frigorifieri in cortese attesa del curioso degustatore.

I Birranti, da diligenti conoscitori, fanno rapidamente manbassa di panini alla finocchiona e al prosciutto, di gettoni di degustazione e bicchieri mignon per gli assaggi (si chiama degustazione non sbronza). Come formiche operaie chi era presente ha visto muoversi i Birranti lungo tutte le sponde di questo magico fiume di birra. É partita così la scoperta di birre al miele, di rosse belghe e di tutta la produzione italiana presente.

Gli operosi Birranti, ligi al loro status, hanno proseguito in questo esercizio di stile fino alle ore 15:00 di quella domenica pomeriggio, fischio d'inizio delle partite di calcio e di quello del Laboratorio di Degustazione tenuto da Kuaska. Riempita la saletta interna, ove i Birranti si erano premuniti di prenotare un tavolo, ecco Kuaska prendere la parola e introdurre le birre presenti al Villaggio con il commento di ogni produttore.

La prima birra è stata la Estivale della Brasserie Artisanale de Rulles (Belgio), aggrumata nel sapore (con sentori di mandarino e pomplemo), che si abbinerebbe bene con pesce in bianco, fritto e impastellato, con dei formaggi, con una zuppa di farro o di legumi.

La seconda è stata una birra italiana, la Farrotta (Ale chiara di farro) del Birrificio Almond (Pescara). Realizzata con Farro e Miele d'Acacia (oltre che malto Vienna) mostra sentori di pompelmo, malva e camomilla (pur avendo un carattere più resinoso). É una birra più "morbida" rispetto alla precedente e si abbinerebbe bene con pesce o caprino fresco (proprio per riprendere certi sentori erbacei). 5.8° la gradazione di questa birra.

I Birranti, ligi al loro status, seguono attentamente, ripulendosi la bocca, tra un assaggio e l'altro, con il pane.

La terza birra, una Bieken (Boelens Huisbrouwerji, Belgio) di ben 8.5°. Anche questa al miele, consentori di caramello e aggrumato. Ipotizzabile un abbinamento con carni bianche, pesce, oppure formaggi + miele o anche dolci, come torte con lo zabaione e cioccolato. Intanto fuori pensanti nuvole facevano traboccare un po' d'acqua, creando un po' di apprensione tra quanti tra noi si erano spostati in moto.

Quarta birra: la Lilith, del birrifico Brùton (5.5°). Una possente bitter dal leggero retrobusto affumicato, con sentori di caramello; da abbinare a carni rosse.

Per chiudere la Extra del ReAle, presentata in anteprima. Una Ale che si abbinerebbe bene con pesce (carpione) e maiale (salciccia cruda), ma anche con un dolce come la panna cotta. Il sapore è molto aggrumato.

Dopo due ore di degustazione anche i Birranti più ligi cominciavano ad essere un po' fuori dal loro status e si appoggiano alla vicina cucina per una sostanziosa merenda, mentre il Presidente si intratteneva con Kuaska. All'ombra dell'ultimo sole si era addormentato un pescatore.. Fatti gli ultimi acquisti e tirate le prime somme di questa trasferta i Birranti si rimettevano in macchina per rientrare verso Firenze (con l'inevitabile coda sulla Autopalio...) contenti e soddisfatti.

Qualche dubbio? nessuno, noi all'edizione 2008 ci saremo!


www.ibirranti.com


sabato 23 febbraio 2008

L'ultima intervista a Michael Jackson

di Chris Bauweraerts - Su gentile concessione di Beer Passion Magazine (www.beerpassion.com)

Cari amici,
molti parlando di Michael Jackson pensano alla rockstar americana ma per chi vive il nostro micromondo penso sia inutile presentare Michael Jackson, il “Beer Hunter”.. Questa intervista è nata durante una chiacchierata al Beer Passion Week End ad Anversa, lo scorso 24 giugno 2007. Il 30 agosto, il parkinson avrebbe finito la sua corsa.

©Foto di Filip Geerts

1. Hai cinque biglietti di una lotteria birraria. A cosa fatta non hai vinto niente. Cosa avresti voluto portare a casa?
Orval, Cantillon Rosé de Gambrinus, Oude Geuze Frank Boon, Rodenbach Gran Cru, Duvel.

2. Michael Jackson, Pierre Celis e l’Obp (l’associazione belga per la promozione della birra artigianale) sono alla base della rinascita delle birre speciali in Belgio. Hai un personaggio, un giornalista, un’associazione che possa affiancarvi in questa missione.
Ben Vinken: con Bière Passion Magazine, il WeekEnd della birra e tutto il suo lavoro ha fatto avvicinare molta più gente al mondo della birra.

3. La birra ed il vino..due culture distanti o parallele?
La cultura della birra e del vino sono su due livelli. Di sicuro la prima può prendere ed attingere molto dalla seconda. Quando inizia a scrivere i miei primi articoli sulla birra avevo te promemoria da seguire: convincere i birrai a “farsi” conoscere, convincere i Media a scrivere sulla birra, convincere la gente ad avvicinarsi a questo fantastico mondo.

4. Quali personaggi nel mondo della produzione consideri importanti e perché.
Padre Théodore, birraio della Chimay aveva una sincera passione per la birra. Ho avuto occasione di conoscerlo in un periodo in cui la birra non faceva parlare di se.
Modeste Van Den Boogarts (De Koninck) : ha avuto il merito di farmi assaggiare la mia prima Duvel..E’ stato un mastrobirraio che amava veramente la birra!
Negli anni successivi Pierre Celis ha avuto il merito di far rinascere le birre speciali in Belgio in un periodo burrascoso per il mercato..infine Frank Boon, mi ha introdotto nel mondo delle Gueuze.


5. Tra le persone che vivono nel mondo della birra attuale a chi daresti una medaglia? A chi riconosci di avere fatto un’operazione non solo di marketing o business con la birra.
Charles Finkel, il primo importatore di birra belga negli stati Uniti. Un precursore. Molti conoscono la realtà brassicola belga grazie a lui.
Garret Olivier, il mastrobirraio della “Brooklyn Brewery”: rappresenta la nuova generazione di profeti della birra. La sua passione lo porta a prendere anche 3 volte a settimana un aereo per volare a festival o a trasmissione televisive per diffondere il “verbo” della birra artigianale. Strano ma vero è riuscito a far affermare la cucina con la birra negli Stati Uniti.

6. Per i BeerCafè belgi che si rispettino è diventato quasi un dovere affiancare alla loro Carta delle Birre una Selezione di birre Trappiste. Che ne pensi?
Le birre Trappiste fanno parte del patrimonio brassicolo belga, è giusto metterle in evidenza (attualmente trovo molto piacevole la Achel Brune) ma non scordiamoci di creare anche una carta di Gueuzes e Kriek a fermentazione spontanea se il BeerCafè vuole meritarsi il nome..

7. Lo slogan “Belgio, il Paese della Birra” è eccessivo o giusto.
E’ giusto. Ma i birrai devono continuare a lavorare bene per tenere sempre alto il livello di qualità. Dopo la crisi brassicola degli anni ottanta molti birrifici hanno chiuso..la rinascita l’abbiamo avuta con la Brasserie d’Achouffe che ha riportato i riflettori sotto la birra artigianale. Vorrei ricordare anche Manu De Landtsheer (Malheur) che all’inizi degli anni 80 ha ripreso la tradizione familiare della produzione brassicola. La rinascita ha portato all’introduzione nel mercato di un nuovo stile di produzione, le birre Brut.

8. Le normative europee sulla produzione alimentare possono portare dei problemi sia ai piccoli che ai grandi produttori. Un apparecchio di controllo ottico per l’igiene delle bottiglie costa 200.000 euro. E’ solo un’esempio di quello che l’Europa può imporre ai birrai. Che ne pensi di questa evoluzione.
L’ossessione biologica è un danno per le papille gustative. Dei burocrati stanno lavorando o studiando soluzioni per problematiche che non conoscono.. hanno la fobia degli aromi, li devono standardizzare! Ma certe birre hanno bisogno di ossidazione, hanno bisogno di metodi di produzione codificati in centinaia d’anni.. Se le loro norme fossero attive da 1000 anni non avremo un formaggio come il Roquefort..e questo è solo un esempio.

9. In questo momento negli States le birre belghe sono molto apprezzate..al punto che molti birrai cercano di clonarle. Che ne pensi di questa evoluzione?
Il pericolo esiste, soprattutto se questi birrai americani incominciano a produrre birre migliori di quelle belghe. Ma certi birrifici belgi commercializzano dei mélanges molto bizzarri.

10. Birre tipo la Dort, una pils danese, e le Ale inglesi stanno riscuotendo molto successo in Belgio. C’è un pericolo per la produzione nazionale?
Non penso. Le birre che citi sono di qualità molto inferiore alla produzione belga: l’Adler della Haacht ha una marcia in più della Dort. Come, per le ambrate, la Palm e la De Koninck non hanno niente a che vedere con le ale inglesi.

11. Un episodio che ricordi con piacere, vissuto in Belgio.
Una dozzina di anni fa Michel Moortgaat mi invitò all’Università di Louvain per assistere alla tesi di laurea di uno studente: Hedwig Neven. La successiva festa di laurea mi è rimasta nel cuore come quel ragazzo. Hedwig oggi è il Capo della Produzione di tutto il gruppo DuvelMoortgat.

12. Un aneddoto dalla tua esperienza giornalistica?
Anni fa il giornale “The Independent” mi commissionò un’articolo su “La pinta perfetta”. Me ne occupai in un paio di settimana ed una volta pubblicato ricevetti molte congratulazione, anche dal Capo Redattore. Giorni dopo mi chiamò nel suo ufficio domandandomi perché non ero arrivato a nessuna conclusione riguardo “la pinta perfetta”. Se, in quell’articolo, avessi indicato la Pinta Perfetta sarei rimasto disoccupato per tutta la mia vita!


giovedì 21 febbraio 2008

La Maitresse (Rulles) fuori produzione

Siamo stati informati da Greg della Rulles che la Maitresse non sarà più prodotta.

"I have stop the production of the Maitresse."


Birra particolare, questa Maitresse, dal gusto e dall’aroma caratterizzati dalla presenza dell’”Asperula odorante” (chiamata nelle foreste delle Ardenne “regina della foresta”). Un’altra birra di questa tipologia è la Bier de Mars della Achouffe. Birra dal bel colore biondo dorato, simile alla pesca matura, scintillante e trasparente (solo quando se ne versa il finale diventa leggermente più nebbioso). La schiuma all’inizio è prorompente e abbondante, a bolle grosse, per poi svanire abbastanza rapidamente e mantenere solo un leggero anello superficiale. Il naso è ricco e rivela subito le due componenti fondamentali di questa birra: le erbe e il luppolo. Evidente è subito la sferzata del luppolo, asciutto e rinfrescante, erbaceo, poi si ha una sensazione più diffusa di erba medicinale (l’asperula), più abboccato e degradante, e un finale al confine fra il dolce e l’agrumato. Il corpo è rotondo, morbido, snello per la sua leggera gradazione alcolica: parte citrica, un po’ asprigna, dalla carbonazione evanescente, per poi rivelare un carattere più abboccato, meno caratterizzato dal luppolo e più spostato sul floreale. Anche il gusto agrumato è più morbido, sembra un’idsea di mandarino e comunque di frutta matura, dolce. Retrogusto lungo ed equilibrato, lascia il palato morbido. Servita fredda, adatta per aperitivi e stuzzichini. Alc. 6% Vol. ©Alberto Laschi

martedì 19 febbraio 2008

Un'altra I.P.A.? Gouden Carolus Hopsinjoor

La Het Anker allo Zythos festival del 1 e 2 marzo presenterà una nuova birra che si aggiungerà alla gamma delle Carolus: la Gouden Carolus Hopsinjoor.
Il nome è l'unione delle parole HOP (luppolo) e SINJOOR (da Opsinjoor, parola legata alla tradizione popolare di Mechelen).
La birra è prodotta con quattro tipi di luppolo, di colore dorato con 8%vol.

Sarà messa in vendita dal 3 marzo.

lunedì 18 febbraio 2008

La Trappel Quadrupel



Prodotta per la prima volta nel 1990, è diventata la più famosa; è fatta con malto pale ale, malto tostato e luppolo della Stiria.
Colore noce rossastro, spuma densa e spessa che svanisce presto. Aroma dolce, legnoso, vinoso, con un palato morbido e dolce. Le versioni più giovani sembrano avere un intenso retrogusto di zucchero, usato per la rifermentazione in bottiglia.. Ideale per gustare lentamente, prima di dormire, nelle sere fredde dell’inverno. Birra d’annata, eccellente da conservare in cantina perché si evolve piacevolmente nel tempo, può maturare per 18 mesi. Alc. 10% Vol. ©Alberto Laschi

La Trappe Tripel



Birra dal colore biondo velato con riflessi aranciati e schiuma abbondantissima. Al naso offre profumi intensi di mela cotogna, confettura di pesca ed albicocca. Al palato invece si presenta morbida, grassa, ben strutturata ed equilibrata, con un retrogusto molto persistente. Lascia a lungo in bocca aromi di luppolo e di coriandolo. Abbinabile ad una selezione di formaggi. Alc. 8% Vol. ©Alberto Laschi

La Trappe Dubbel



Prodotta secondo una ricetta del 1884, include malto aromatico pale ale, Kleur e di Monaco, e luppolo Northern Brewer di Hallertau .
Colore ambrato carico, quasi rubino e profumi intensi con note di mela cotta, datteri e chiodi di garofano. In bocca è gradevole, strutturata e consistente, con sentori dolci di malto e note di confettura di ciliegie e liquirizia, sul finale. Molto aromatica e persistente, da gustare in abbinamento a carni rosse e cacciagione. Alc. 6,5% Vol. ©Alberto Laschi


La Trappe Blond



Bel colore dorato, schiuma fine e abbastanza persistente, mediamente frizzante; sroma robusto di malto caramellato con note secche di luppolo, corpo rotondo ma non robusto, con la prevalenza abboccata del malto e u retrogusto amarognolo e asciutto. Finisce discretamente lunga. Buona, ma non memorabile. Alc. 6,5% © Alberto Laschi

I Trappisti e le Birre - Nostra Signora di Koningshoeven, Tilburg




Storia del monastero

L’unico monastero non belga che si può fregiare nella sua produzione birraria del logo “authentic trappist product” è quello olandese di Berkel – Enschot, a 3 chilometri da Tilburg, ovvero l’abbazia di Onze Lieve Vrouw (“penna di pecora”) di Koningshoeven, nella provincia olandese del Brabante, la più grande delle undici province olandesi. Posto a soli otto chilometri dal confine con il Belgio, il monastero è stato ufficialmente fondato nel 1884, ma la sua storia inizia 4 anni prima in Francia.
Nel 1880 l’abate del monastero trappista francese di Saint-Marie-du-Mont a Mont-des-Cats, Dominicus Lacaes, sentendo minacciata la sussistenza della propria comunità dalle leggi francesi apertamente ostili alle istituzioni ecclesiali, incaricò un suo monaco di fiducia, Sebastian Wyart, di cercare al di fuori della Francia un posto “sicuro” dove poter trasferire tutta la comunità monastica. La scelta cade, dopo aver valutato (e scartato) l’opzione Inghilterra, sui Paesi Bassi, e propriamente su una zona intorno a Tilburg, vicino alla piccola città di Berkel-Enschot, una territorio di brughiera, ricco di piccole fattorie, che la gente del luogo chiamava Koningshoeven (“il giardino del re”). Il nome fa diretto riferimento al re Guglielmo II d’Olanda, che aveva posseduto precedentemente quei terreni, passati poi in mano alla famiglia Houben di Tillburg; la stessa famiglia che li concede poi ai monaci francesi, a titolo completamente gratuito, per tre anni a partire dal 1881. Il 4 marzo dello stesso anno sei monaci del monastero francese di Saint Marie si congedano dalla comunità di origine e si stabiliscono a Koningshoeven, sotto la guida dell’abate Sebastian Wyart, di fatto il primo di questo nuovo monastero trappista; il primo, a sua volta, monastero cistercense nei Paesi Bassi.
Per provvedere alla propria sussistenza i monaci cominciano a coltivare la terra, ma appare subito evidente che la sola attività agricola non avrebbe permesso ai monaci di sostentarsi, cosicché nel 1883 il capitolo dei monaci dà l’incarico al nuovo abate Nivard Schweykart di costruire una birreria, che diventerà la primaria fonte di reddito del monastero. La comunità monastica comincia a prosperare attirando vocazioni da tutte le zone limitrofe (nel 1891 erano presenti già quasi duecento monaci), si espande e trova stabilità, tanto che nel 1891 un decreto papale eleva il monastero al rango di vera e propria abbazia, con l’abate Willibrord Verbruggen nominato a capo della comunità. Dopo due anni di intensi lavori, nel 1893 i monaci entrano definitivamente a vivere nel nuovo complesso abbaziale e nel 1894 viene celebrata in maniera solenne la dedicazione della chiesa dell’abbazia stessa. Come nella migliore delle tradizioni monastiche, l’abbazia di Koningshoeven “figlia” nel 1898, fondando una nuova comunità monastica a Zundert.
La storia del monastero si sviluppa con tranquillità e regolarità nei cinquanta anni successivi; anche la prima guerra mondiale non lascia sconquassi evidenti nella vita e nelle strutture del monastero e della fabbrica di birra, che, anzi, vengono rammodernati e inaugurati il 5 marzo 1931, solenne cinquantesimo dalla fondazione dell’abbazia stessa. Le attività del monastero si ampliano anche oltre i confini olandesi, e dopo aver fondato una comunità femminile a Tilburg, i monaci olandesi nel corso degli anni riescono a fondare nuovi monasteri in Indonesia (1953), Germania (1955), Kenia (1958) e Uganda (1964).
Fra la metà degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, la vita della comunità cistercense comincia ad attraversare serie difficoltà: le vocazioni diminuiscono drasticamente, alcuni monaci abbandonano addirittura la vita religiosa e l’età di molti dei monaci rimasti comincia ad essere molto avanzata. L’esigenza di destinare molte delle risorse umane interne alla comunità all’assistenza e alla cura dei monaci anziani porta il capitolo a prendere una decisione radicale: nel 1977 i monaci che hanno più bisogno di cure ed assistenza specialistica vengono trasferiti in una casa di cura religiosa di Vaught, gli altri restano a Tilburg, con un radicale ridimensionamento delle attività. Durante gli ultimi anni il complesso di Tilburg si è ulteriormente rinnovato, abitato adesso da due comunità monastiche, per un totale di una ventina di monaci, dall’età compresa fra i 30 e gli 85 anni.


Storia del birrificio




La storia della produzione birraria a Tillburg inizia con l’abate Nivard Schweykart: figlio egli stesso di un produttore di birra, l’abate nel 1885 chiede al consiglio comunale di Berkel-Enschot il permesso di aprire una fabbrica di birra e un impianto per il trattamento del malto. E sempre l’abate Nivard è il primo sovrintendente alla produzione birraria, i cui rudimenti aveva acquisito dal confratello Isodorus Laabel, monaco della Moravia. Nonostante la formazione tecnica fosse costruita sul metodo bavarese di produrre birra, a La Trappe si cominciò subito a produrre secondo la metodologia locale, cioè birra ad alta fermentazione. Inevitabili furono per questo gli insuccessi iniziali, ma molto rapido fu il processo di affinamento della tecnica, tanto che già nel 1891 la produzione birraria interna del monastero tiene perfettamente testa alla produzione locale. Da quel momento vengono fatti ammodernamenti progressivi degli impianti di produzione, vengono create nuove società anche esterne al monastero di distribuzione delle birre prodotte, e la produzione si stabilizza, con successo di vendita, grazie anche a nuovi impianti costruiti nel 1926. Dopo la seconda guerra mondiale comincia il periodo un po’ più complicato per la produzione interna del monastero. I consumi infatti calano, anche la richiesta di nuove tipologie birrarie (pils) colgono un po’ impreparati i monaci, che si sforzano di adeguarsi un po’ al nuovo mutato orizzonte commerciale, anche con ampliamenti agli impianti (introducono anche la fabbricazione di limonate), fino a che nel 1969 i monaci decidono di vendere. E lo fanno vendendo alla Artois: un po’ per un problema interno di mano d’opera (meno vocazioni, meno monaci, monaci più anziani), un po’ perché avevano bisogno di un partner commerciale più efficace, più abituato a stare sul mercato. Il contratto di vendita prevede la cessione degli impianti alla Artois per 10 anni, con la possibilità di rinnovare il contratto se la produzione fosse mantenuta all’interno del monastero. La Artois in quei dieci anni abbandona negli stabilimenti olandesi la produzione delle birre trappiste, e adopera gli impianti quasi esclusivamente per produrre le l,oro birre di “seconda fascia”. Alla fine dei dieci anni Artois decide di non rinnovare il contratto con i monaci dell’abbazia, che dunque, il 18 giugno del 1980 ricominciano a produrre direttamente nei propri stabilimenti, e ricominciano allargando la tipologia dei prodotti, introducendo anche le pils fra i loro prodotti. E’ a cavallo di questi anni che la produzione riesce a mettere sul mercato le birre più importanti e famose, la dubbel, la triple e la quadrupel, e dal 1985, in collaborazione con la belga John Martin, comincia l’esportazione delle proprie birre in tutto il mondo. Il mercato si allarga, il prodotto convince, ma le forze dei monaci si assottigliano sempre di più: tanto che sono nuovamente costretti a stringere rapporti commerciali e produttivi con società esterne. E’ il 1998, e la società è l’olandese Bavaria, con la quale i monaci stringono un rapporto di cooperazione, ritirandosi, al contempo dal controllo diretto della produzione. E’ il motivo per il quale l’ITA nello stesso anno ritira il marchio “authentic trappist product” al monastero olandese, non più “a norma” nella produzione birraria di tipo monastico. Molte sono state le diatribe che hanno seguito questa decisione, alcuni errori strategici e di comunicazione sono stati fatti da entrambe le parti, poi le cose piano piano si chiariscono, i confini si ridelineano, tanto che dopo un’ispezione ufficiale dei membri dell’ITA nel 2005 il logo viene riassegnato all’abbazia olandese.