sabato 17 maggio 2008

t' Smisje Catherine



E poi dicono che le stout devono essere nere come la notte, a medio-bassa gradazione alcolica, con note imprescindibili di caffè e malto tostato. Non che qualcosa di quanto detto in precedenza non ci si ritrovi, in questa Catherine, ma il mastro birraio in questo caso ha apportato diverse variazioni sul tema, non sempre azzeccatissime. Intanto è di un colore marrone quasi ambrato, ma questo non è un problema: il colore è “simpatico”, leggermente opalescente, con una sottile linea di schiuma bianca, fine e non molto persistente. L’aroma: a me sembra quasi vinoso, sicuramente ricco di frutta rossa matura ma anche di frutti astringenti come i fichi e le prugne; un po’ troppo estremo per essere una stout. Di tostato, torrefatto, liquirizia, pochissime tracce. Eppure i malti classici delle stout ci sono tutti (7, oltre all’avena e ai luppoli goldings, challenger e magnum, con l’aggiunta di zucchero di canna scuro). Anche il sapore è un po’ spiazzante, se paragonato a quello di una classica stout, anche nella “variante” belga: è abbastanza dolce all’inizio, quasi caramellata, poi sul finale della sorsata emerge l’amarognolo del luppolo in fondo, alla base della lingua, la potenza dell’alcool (sono pur sempre 10° di birra) e il polveroso (finalmente!) del caffè, ben piantato nella parte finale della corsa. E’ birra che si presenta morbida ma lascia un ricordo rustico, terragno e polveroso, con l’acool che comunque ben riscalda palato e centro del petto. Non la definirei birra estrema, ma la considero comunque un esercizio un po’ troppo di stile, quello stile spesso molto estroverso e spinto a sperimentazioni a volte estremizzanti che si ritrovano in altre birre di questa brouwerij. Alc. 10% vol ©Alberto Laschi

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