lunedì 10 novembre 2008

Laboratori al Salone del Gusto

Il mio report ai tre laboratori a cui ho partecipato al Salone si concentra in questo post.

A differenza di Alberto sono stato sul classico.. Lambic con Armand Debelder della 3Fonteinen, Westvleteren con Jef van den Steen (giornalista e birraio della Glazen Toren) e il laboratorio con Teo Musso (Baladin) che ci ha spiegato la filosofia della “sua birra da divano”..la Xyauyù.

« Per il birraio le proprie creazioni sono il prolungamento della sua personalità », la frase di Kuaska si veste intorno ai tre personaggi che abbiamo incontrato. Armand e Jeff (che ha fatto una splendida introduzione storica alle birre Trappiste) con l’umiltà e la passione che li contraddistingue, ci hanno fatto immergere nel loro mondo..le degustazione sono state un viaggio di sapori : dal Lambic piatto alla stupenda (haimè centellinata) birra di Wesvleteren. Nei nostri archivi potete trovare tutto quello che vi incuriosice sulle Lambic e sulle Trappiste.

Non avevo mai incontrato Teo Musso..Matteino (Teo) Musso: il nume tutelare della birra di qualità in Italia, il santo patrono di tutti i mastrobirrai artigianali italiani, il precursore, l’innovatore, il genio birrario etc. etc. Con lui i complimenti si sprecano.. ma c’è chi lo vorrebbe santo subito, c’è chi ne costruisce già agiografie con tanto di miracoli in serie. Come poterlo descrivere in maniera un po’ più “adeguata”? Penso in due modi: il primo, quello autobiografico, quando Teo dice di sé: «La mia natura è quella dell’oste. Sono uno che accoglie. Ho viaggiato parecchio, adesso sto fermo e cerco di creare un mondo qui. Se ti muovi, non riesci, crei solo uno stile di vita, non un mondo»; il secondo invece è il vederlo attraverso gli occhi di Kuaska (suo compagno di strada della nouvelle vague birraria italiana), che lo definisce “the boy that never sleeps”, riferendosi alla sua straordinaria vitalità produttivo/imprenditoriale. Ripeto le parole di Alberto, ma come non farlo.. Teo è comunque un passo avanti, se non due.. interessante , alla fine del laboratorio, il suo appello ai birrai italiani a far nascere una loro identità..ormai la sua missione birraria vive in altri livelli e “sconsiglia” ai nuovi (troppi) birrai di prenderlo ad esempio..ognuno ha la sua storia.

Il Laboratorio si incentrava sulla Xyauyù..dalla prima prova del ’97 fino alla versione attuale in commercio…ed il racconto affascina: le prove nell’aia dei genitori..il nome suggerito dalla figlia, la ricetta tecnicamente collaudata a cui siamo arrivati. Birra (?) complessa.. Niente carbonazione.. Nel bicchiere si intrecciano profumi che rimandano a suggestioni di vin cotto, datteri e fichi appassiti. La profondita' dell'analisi suggerisce sentori di creme caramel e miele di castagno, in una cornice di toni caldi che chiude il quadro con elementi" di nocciole tostate e gradevole speziatura. L'assaggio esprime le sensazioni verificate all'olfazione diretta. L'attacco e' mediamente dolce,con un buon calore in centro bocca, di spiccata morbidezza.

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