Storia del monastero
L’unico monastero non belga che si può fregiare nella sua produzione birraria del logo “authentic trappist product” è quello olandese di Berkel – Enschot, a 3 chilometri da Tilburg, ovvero l’abbazia di Onze Lieve Vrouw (“penna di pecora”) di Koningshoeven, nella provincia olandese del Brabante, la più grande delle undici province olandesi. Posto a soli otto chilometri dal confine con il Belgio, il monastero è stato ufficialmente fondato nel 1884, ma la sua storia inizia 4 anni prima in Francia.
Nel 1880 l’abate del monastero trappista francese di Saint-Marie-du-Mont a Mont-des-Cats, Dominicus Lacaes, sentendo minacciata la sussistenza della propria comunità dalle leggi francesi apertamente ostili alle istituzioni ecclesiali, incaricò un suo monaco di fiducia, Sebastian Wyart, di cercare al di fuori della Francia un posto “sicuro” dove poter trasferire tutta la comunità monastica. La scelta cade, dopo aver valutato (e scartato) l’opzione Inghilterra, sui Paesi Bassi, e propriamente su una zona intorno a Tilburg, vicino alla piccola città di Berkel-Enschot, una territorio di brughiera, ricco di piccole fattorie, che la gente del luogo chiamava Koningshoeven (“il giardino del re”). Il nome fa diretto riferimento al re Guglielmo II d’Olanda, che aveva posseduto precedentemente quei terreni, passati poi in mano alla famiglia Houben di Tillburg; la stessa famiglia che li concede poi ai monaci francesi, a titolo completamente gratuito, per tre anni a partire dal 1881. Il 4 marzo dello stesso anno sei monaci del monastero francese di Saint Marie si congedano dalla comunità di origine e si stabiliscono a Koningshoeven, sotto la guida dell’abate Sebastian Wyart, di fatto il primo di questo nuovo monastero trappista; il primo, a sua volta, monastero cistercense nei Paesi Bassi.
Per provvedere alla propria sussistenza i monaci cominciano a coltivare la terra, ma appare subito evidente che la sola attività agricola non avrebbe permesso ai monaci di sostentarsi, cosicché nel 1883 il capitolo dei monaci dà l’incarico al nuovo abate Nivard Schweykart di costruire una birreria, che diventerà la primaria fonte di reddito del monastero. La comunità monastica comincia a prosperare attirando vocazioni da tutte le zone limitrofe (nel 1891 erano presenti già quasi duecento monaci), si espande e trova stabilità, tanto che nel 1891 un decreto papale eleva il monastero al rango di vera e propria abbazia, con l’abate Willibrord Verbruggen nominato a capo della comunità. Dopo due anni di intensi lavori, nel 1893 i monaci entrano definitivamente a vivere nel nuovo complesso abbaziale e nel 1894 viene celebrata in maniera solenne la dedicazione della chiesa dell’abbazia stessa. Come nella migliore delle tradizioni monastiche, l’abbazia di Koningshoeven “figlia” nel 1898, fondando una nuova comunità monastica a Zundert.
La storia del monastero si sviluppa con tranquillità e regolarità nei cinquanta anni successivi; anche la prima guerra mondiale non lascia sconquassi evidenti nella vita e nelle strutture del monastero e della fabbrica di birra, che, anzi, vengono rammodernati e inaugurati il 5 marzo 1931, solenne cinquantesimo dalla fondazione dell’abbazia stessa. Le attività del monastero si ampliano anche oltre i confini olandesi, e dopo aver fondato una comunità femminile a Tilburg, i monaci olandesi nel corso degli anni riescono a fondare nuovi monasteri in Indonesia (1953), Germania (1955), Kenia (1958) e Uganda (1964). Fra la metà degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, la vita della comunità cistercense comincia ad attraversare serie difficoltà: le vocazioni diminuiscono drasticamente, alcuni monaci abbandonano addirittura la vita religiosa e l’età di molti dei monaci rimasti comincia ad essere molto avanzata. L’esigenza di destinare molte delle risorse umane interne alla comunità all’assistenza e alla cura dei monaci anziani porta il capitolo a prendere una decisione radicale: nel 1977 i monaci che hanno più bisogno di cure ed assistenza specialistica vengono trasferiti in una casa di cura religiosa di Vaught, gli altri restano a Tilburg, con un radicale ridimensionamento delle attività. Durante gli ultimi anni il complesso di Tilburg si è ulteriormente rinnovato, abitato adesso da due comunità monastiche, per un totale di una ventina di monaci, dall’età compresa fra i 30 e gli 85 anni.
Storia del birrificio
La storia della produzione birraria a Tillburg inizia con l’abate Nivard Schweykart: figlio egli stesso di un produttore di birra, l’abate nel 1885 chiede al consiglio comunale di Berkel-Enschot il permesso di aprire una fabbrica di birra e un impianto per il trattamento del malto. E sempre l’abate Nivard è il primo sovrintendente alla produzione birraria, i cui rudimenti aveva acquisito dal confratello Isodorus Laabel, monaco della Moravia. Nonostante la formazione tecnica fosse costruita sul metodo bavarese di produrre birra, a La Trappe si cominciò subito a produrre secondo la metodologia locale, cioè birra ad alta fermentazione. Inevitabili furono per questo gli insuccessi iniziali, ma molto rapido fu il processo di affinamento della tecnica, tanto che già nel 1891 la produzione birraria interna del monastero tiene perfettamente testa alla produzione locale. Da quel momento vengono fatti ammodernamenti progressivi degli impianti di produzione, vengono create nuove società anche esterne al monastero di distribuzione delle birre prodotte, e la produzione si stabilizza, con successo di vendita, grazie anche a nuovi impianti costruiti nel 1926. Dopo la seconda guerra mondiale comincia il periodo un po’ più complicato per la produzione interna del monastero. I consumi infatti calano, anche la richiesta di nuove tipologie birrarie (pils) colgono un po’ impreparati i monaci, che si sforzano di adeguarsi un po’ al nuovo mutato orizzonte commerciale, anche con ampliamenti agli impianti (introducono anche la fabbricazione di limonate), fino a che nel 1969 i monaci decidono di vendere. E lo fanno vendendo alla Artois: un po’ per un problema interno di mano d’opera (meno vocazioni, meno monaci, monaci più anziani), un po’ perché avevano bisogno di un partner commerciale più efficace, più abituato a stare sul mercato. Il contratto di vendita prevede la cessione degli impianti alla Artois per 10 anni, con la possibilità di rinnovare il contratto se la produzione fosse mantenuta all’interno del monastero. La Artois in quei dieci anni abbandona negli stabilimenti olandesi la produzione delle birre trappiste, e adopera gli impianti quasi esclusivamente per produrre le l,oro birre di “seconda fascia”. Alla fine dei dieci anni Artois decide di non rinnovare il contratto con i monaci dell’abbazia, che dunque, il 18 giugno del 1980 ricominciano a produrre direttamente nei propri stabilimenti, e ricominciano allargando la tipologia dei prodotti, introducendo anche le pils fra i loro prodotti. E’ a cavallo di questi anni che la produzione riesce a mettere sul mercato le birre più importanti e famose, la dubbel, la triple e la quadrupel, e dal 1985, in collaborazione con la belga John Martin, comincia l’esportazione delle proprie birre in tutto il mondo. Il mercato si allarga, il prodotto convince, ma le forze dei monaci si assottigliano sempre di più: tanto che sono nuovamente costretti a stringere rapporti commerciali e produttivi con società esterne. E’ il 1998, e la società è l’olandese Bavaria, con la quale i monaci stringono un rapporto di cooperazione, ritirandosi, al contempo dal controllo diretto della produzione. E’ il motivo per il quale l’ITA nello stesso anno ritira il marchio “authentic trappist product” al monastero olandese, non più “a norma” nella produzione birraria di tipo monastico. Molte sono state le diatribe che hanno seguito questa decisione, alcuni errori strategici e di comunicazione sono stati fatti da entrambe le parti, poi le cose piano piano si chiariscono, i confini si ridelineano, tanto che dopo un’ispezione ufficiale dei membri dell’ITA nel 2005 il logo viene riassegnato all’abbazia olandese.
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