L’aveva detto (con un articolo pubblicato sul giornale Het Laast Nieuws il 3 agosto dell’anno scorso), e poi l’ha fatto (la birra è stata brassata il 7 novembre 2007, 300 litri la cotta “definitiva”): Joan Brandt, mastro birraio della De Regenboog, ha prodotto una birra con una ricetta che viene da lontanissimo, nel tempo e nello spazio: 4.000 anni, Mesopotamia. Non è il primo che ci prova, l’aveva già fatto la Anchor Brewing di S. Francisco, che ha prodotto nel 1988 la Ninkasi (per chi è curioso di conoscere antefatti e particolari di questo esperimento, vedi www.anchorbrewing.com/beers/ninkasi.htm.
Tutto inizia con il ritrovamento in Siria, negli scavi archeologici della città di Jebleh, di alcuni manufatti Sumeri in argilla adatti alla conservazione di cibo e bevande, inclusi alcuni che poi si sono rivelati essere dei veri e propri tappi di bottiglia. I due archeologi che si sono occupati degli scavi, Klaas Van Steenhuise e Hendrik Hameeuw dell’Università Cattolica di Lovanio, hanno anche rinvenuto delle tavolette d’argilla, dalle quali è stato possibile ricavare una vera e propria ricetta di fabbricazione di una birra, insieme ad un’ode alla dea sumera della birra, Ninkasi. E’ stato il proprietario del pub 't Brugs Beertje, frequentato da Klaas al suo ritorno, ad indirizzare i due archeologi verso la Regenboog, per realizzare l’idea (che i due gli avevano confidato) di riportare “alla luce”, cioè in produzione, una birra dalla ricetta così antica. Gli esperimenti produttivi (su piccolissimi lotti) si sono susseguiti, sia sul versante della fermentazione spontanea, che su quella con lieviti. La versione attualmente “in giro” è quella prodotta su richiesta dell’ Het Koninklijk Museum van Kunst en Geschiedenis (il Museo Reale di Arte e Storia di Bruxelles), dove è stata allestita un’esposizione di reperti archeologici provenienti dalla Mesopotamia.
La storia è bella e curiosa, la birra che ne è venuta fuori è estremamente particolare, un po’ lontana dai canoni classici della birra ai quali siamo abituati. Ha un color biondo un po’ lattiginoso, schiuma fine e non molto persistente. E’ una birra, ma assomiglia ad una cedrata: dal naso al gusto è un’esplosione di sentori citrici, molto “limonosi”, con una leggera speziatura di sottofondo, e un sensazione di latte acido che ogni tanto si affaccia. Dire che è rinfrescante è affermare quasi l’ovvio; nonostante la quasi assenza di gradazione non è che comunque vada giù facilmente, non è facile da bere, in quanto satura quasi subito il palato. Questa è, attualmente, la terza versione di questa birra: aspettiamo l’eventuale quarta per dare il giudizio definitivo? Alc. 2,5% vol ©Alberto Laschi
©Foto e testo introduttivo di Filip Geerts
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